La casa Volkswagen non prende bene l’appropriazione intellettuale delle sue idee. In questo caso, hanno davvero perso la pazienza.
Nel corso degli anni, tante nuove case produttrici si sono affacciate sul mercato occidentale. Molte provengono dall’Asia, un continente dove – senza voler generalizzare in senso assoluto – esistono leggi sul copyright che non sempre sono proprio stringenti e che consentono ai produttori di automobili e non solo di creare design forse troppo simili alle nostre auto.
Diversi casi negli anni hanno dimostrato, però, che c’è un limite oltre il quale le case produttrici europee non sono disposte a sopportare. Casi come quello della Land Rover con la “Landwind X7” o di Piaggio che ha reagito con fermezza ai tanti cloni della Vespa provenienti dalla Cina che hanno dovuto fare i conti con la legge italiana hanno mostrato che copiare i compiti del vicino è una pessima idea!
L’ultimo caso ha riguardato da vicino una delle case tedesche più famose ossia il Gruppo Volkswagen, un brand che ha prodotto vetture iconiche e che non si possono certo copiare sperando di passarla liscia. Infatti, l’ultimo tentativo di farlo da parte di un brand ma soprattuto dai loro clienti non ha avuto affatto un lieto fine.
Allarme rosso per i cloni “tedeschi”
Di recente, soprattutto in Giappone che è il paese di origine di questo marchio si è diffusa una tendenza curiosa, ossia quella di trasformare la Daihatsu Atrai, una Kei Car di piccole dimensioni con una forma che ben si presta all’operazione, in un minivan pressoché identico alla famosa Volskwagen Type 2, il pullmino degli anni sessanta per eccellenza.
Online è pieno di testimonianze di questa pratica che, per quanto non illegale a tutti gli effetti, ha comunque fatto infuriare abbastanza Volkswagen al punto che un rappresentante dell’azienda ha chiesto che l’asta sul sito CarsAndBids che aveva come protagonista un Atrai camuffato completamente da Type 2 fosse sospesa per violazione della proprietà del brand.
Il portale ha pubblicato una comunicazione in cui si scusava ufficialmente con i partecipanti all’asta: “Abbiamo ricevuto una lettera da Volkswagen US in cui si specificava che il veicolo viola diversi trademarks dell’azienda tra cui il loro riconoscibile logo. Per evitare che possano esserci conseguenze sui vincitori del bando abbiamo preferito annullare completamente l’asta”, si legge sul sito. Chiaramente, le modifiche sono state fatte dal proprietario dell’auto e non dal brand giapponese o dai gestori del sito. VW però è intervenuta ed il motivo è chiaro: scoraggiare episodi simili in futuro. Non possiamo darle torto, o no?