Lewis Hamilton ha raccontato di alcuni gravi episodi di razzismo subiti quando era soltanto un bambino. Le parole del sette volte iridato.
Il 2022 è stato l’anno peggiore di Lewis Hamilton da quando è in Formula 1. Il britannico ha chiuso la stagione senza alcuna vittoria per la prima volta in carriera e la Mercedes, dopo otto anni di dominio, ha dovuto cedere il passo a Red Bull e Ferrari.
È stato un Mondiale molto complicato per la scuderia di Brackley che non è stata in grado di sviluppare una monoposto competitiva come le rivali. Come ammesso anche da Toto Wolff, la W13 si è rivelata un disastro e i due alfieri del team anglo-tedesco hanno stentato non poco a trovare la confidenza giusta con la vettura per l’intero arco della stagione.
Insomma, non è stato l’anno che si aspettavano in Mercedes, anche se ciò non toglie quanto di buon fatto nelle stagioni precedenti. Otto titoli costruttori e sette piloti consecutivi di certo non vengono per caso, così come non sono stati un caso i sette mondiali vinti da Hamilton che prima di riuscire a diventare uno dei migliori piloti di sempre ne ha dovute passare tante. Un trascorso certo non facile come lui stesso ha rivelato in un’intervista al podcast “On Purpose“.
“A scuola sono stato vittima di bullismo perché ero nero – le parole del campione della Mercedes –. Per me la scuola è stata la parte più traumatica e difficile della mia vita. Mi prendevano di mira già a 6 anni“.
“Ero uno dei pochi bambini di colore e i ragazzi più grandi, più forti e prepotenti, mi prendevano in giro per la maggior parte del tempo” ha poi aggiunto. Offese ma non solo ricorda Hamilton, che ha raccontato altresì che i suoi compagni di scuola arrivavano persino a colpirlo con oggetti di ogni tipo. “Mi colpivano continuamente, mi tiravano cose addosso, come le banane, e mi chiamavano ‘negro’ o ‘meticcio‘” ha affermato.
Non un comportamento che dovrebbero avere i bambini a quell’età e di cui Lewis è stato vittima per parecchio tempo. “Nella mia scuola c’erano sei o sette ragazzi neri su 1.200 bambini – prosegue –. Tre di noi venivano messi fuori dall’ufficio del preside che se la prendeva con noi e soprattutto con me. Sentivo che il sistema era contro di me“.
Come se non bastasse, Hamilton ha poi ammesso che all’epoca non se la sentiva di raccontare tutto ai suoi genitori. “Ci sono state molte cose che ho tenuto dentro – ha detto –. Non me la sentivo di andare a casa e dire ai miei genitori che questi ragazzi continuavano a chiamarmi ‘negro’ o che ero vittima di bullismo, o peggio che venivo picchiato“. E questo, purtroppo, per un motivo ben preciso: “Non volevo che mio padre pensasse che fossi debole“.
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