La storia della Vespa Piaggio parte da questo modello che presentava caratteristiche diverse da quelle a cui oggi siamo ormai abituati.
Da oltre 75 anni la Vespa è uno degli oggetti di culto del made in Italy in grado di ottenere successo non solo nella Penisola ma in tutto il mondo. Grazie al suo design inconfondibile e le sue caratteristiche di scooter agile e pratico, ideale per città e gite fuori porta, è entrato ben presto nel cuore di coloro che negli anni si sono affezionati allo storico modello Piaggio diventandone esperti e collezionisti.
Negli anni, poi, la Casa di Pontedera l’ha riproposta con aggiornamenti sempre più all’avanguardia e ritocchi estetici tali da renderla al passo con i tempi. Tuttavia, ciò che ne identifica il DNA è sempre rimasto lo stesso. Ed è forse questa la vera chiave del suo successo che non accenna a diminuire nonostante siano trascorsi più di tre quarti di secolo.
Tutto partì dall’intuizione, che si rivelò geniale, dell’Ingegner Corradino D’Ascanio sul finire della Seconda guerra mondiale, quando la Piaggio fu chiamata alla nuova sfida di produrre un veicolo da produrre su larga scala per garantire la sopravvivenza dell’azienda fino ad allora attiva nel campo aeronautico e militare. Ma ancora prima di D’Ascanio fu Renzo Spolti a realizzare il primo progetto di quella che sarebbe poi diventata la mitica Vespa.
Di fatto, la proposta di Spolti non fu la prima vera e propria Vespa, bensì quella che potremmo definire l’antenata, cioè la MP5 Paperino, dove MP stava ad indicare Moto Piaggio. La fase di progettazione iniziò nell’estate del 1944, ma il primo esemplare fu realizzato interamente quasi un anno dopo.
Il progetto, tuttavia, non convinse appieno Enrico Piaggio, che comunque diede la disposizione di produrne 100 esemplari. Ma dopo aver riscontrato vari problemi tecnici e di maneggevolezza, la MP5 fu accantonata, a beneficio del progetto MP6 di cui, per l’appunto, ne fu autore l’Ingegner D’Ascanio, colui che diede forma alla prima autentica Vespa.
Il progetto di Spolti, invece, non fece in tempo a ricevere una denominazione propria e fu ribattezza da due collaudatori “Paperino” per la sua forma bizzarra. Ed è con questo nome, quindi, che il primo scooter Piaggio è passato alla storia.
Ad ogni modo, tra MP5 e MP6 c’erano alcune somiglianze. D’Ascanio, infatti, ne riprese consapevolmente la parte anteriore, con il classico faro rotondo anteriore, scudo e manubrio. Il design delle carene posteriore, invece, fu ad opera dello stesso D’Ascanio, in quanto Spolti preferì donare allo scooter un’altra forma che lo rendeva meno maneggevole e che, quindi, contribuì in parte al fallimento del progetto MP5.
Tra le caratteristiche della Paperino ricordiamo la sua scocca autoportante in lamiera d’acciaio, freni a tamburo, sospensioni a molle racchiuse in astucci telescopici e motore da 98 cc di cilindrata, che la spingeva a 50 km/h di velocità massima.
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