É drammatico il bilancio del Tourist Trophy Isola di Man che si è concluso nel corso del fine settimane con sei morti che si aggiungono a un elenco di incidenti mortali impressionanti
Qualsiasi motociclista si iscriva alla gara dell’Isola di Man, l’evento Tourist Trophy più famoso e importante del mondo, una tradizione di oltre cento anni, sa di correre incontro la rischio di morire.
Per partecipare si firma un documento nel quale si accettano i rischi di un percorso difficilissimo e le problematiche dei soccorsi, che su un circuito di 60 chilometri sono certamente molto più difficili rispetto a un circuito non stradale e chiuso.
Ma questo è il fascino, sinistro se vogliamo, in qualche modo inquietante, di una gara che è comunque unica al mondo nel suo genere. Anche se dal 1907 a oggi ha causato ben 265 vittime. Non solo piloti. Ma anche spettatori, abitanti che incautamente o inconsciamente attraversavano la strada quando il traffico era chiuso per le gare, commissari.
Quella di quest’anno era una gara particolarmente attesa: perché dopo le cancellazioni del 2020 e del 2021, la corsa di Man tornava in calendario con un’agenda piena e con il pubblico delle grandi occasioni. Purtroppo l’elenco delle vittime – sei – è drammatico anche in questa occasione.
Al bilancio delle vittime, in quattro diversi incidenti, va aggiunto quello dei feriti: venti, alcuni dei quali purtroppo in gravi condizioni. La prima vittima di questa edizione è stato il gallese Mark Purslow, un rider della Supersport deceduto durante le qualifiche alla curva di Ballagarey. Le gare dovevano ancora cominciare.
Particolarmente colpita quest’anno la competizione dei sidecar: il 2 giugno ad Ago’s Leap, dove alcuni sidecar erano bloccati da un altro incidente ha trovato la morte Olivier Lavorel, 35 anni, passeggero di un consolidato equipaggio francese che si è schiantato contro un muretto nel tentativo di evitare l’impatto con gli altri mezzi. Il suo pilota, Cesar Chanel, è deceduto due giorni dopo a causa delle gravissime ferite ripotate.
Particolarmente tragico il bilancio dell’incidente avvenuto in gara, rinviata proprio a causa di quanto avvenuto il 5 giugno, per Roger e Bradley Stockton, padre e figlio, in gara anche loro con un sidecar privato. Roger, 56 anni, era al suo undicesimo TT, Bradley, 21 anni, era alla sua prima esperienza. Aveva ereditato dal padre la passione per le moto e per le gare.
Il tweet con cui è stata annunciata la morte di Roger e Bradley Stockton
Deceduto nella gara Supersport anche un personaggio simbolo della TT dell’Isola di Man, il nordirlandese Davy Morgan, 52 anni, un vero veterano con oltre trent’anni di gare alle spalle. Aveva rinviato la sua gara d’addio per due anni a causa del Covid: quest’anno la sua corsa si è chiusa nel modo più tragico, è morto sul colpo dopo avere perso il controllo della sua Yamaha. Era famoso per il suo casco rosa, i suoi scherzi a compagni, amici e avversari che il giorno prima della gara aveva salutato con un brindisi… a quella che doveva essere la sua ultima corsa “prima di mettere la testa a posto”.
I veterani dell’Isola di Man gli hanno dedicato un pensiero silenzioso prima di ripartire e lasciare l’isola visitando il ceppo del 27esimo Miglio, dov’è morto in quella che era la sua 26esima edizione della corsa, con 80 gare all’attivo.
La legge dei numeri ci dice cinicamente che le vittime di quest’anno sono meno di quelle del 2019 (due). Ma anche che si tratta del bilancio più drammatico dopo i sei motociclisti uccisi nell’evento del 2011, pur sempre inferiore alle nove vittime del 2009, la peggiore di tutte.
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