Negli anni ’50, la Piaggio tentò una via alternativa al classico scooter, producendo una Vespa rimasta un unicuum nella storia dell’azienda.
La Vespa è un’autentica icona italiana nel mondo, simbolo delle abilità ingegneristiche e creative dell’Italia di un tempo e che ancora oggi rappresenta uno dei prodotti più venduti a livello mondiale.
Il merito va all’intuizione e alla lungimiranza di Enrico Piaggio che, una volta prese le redini dell’azienda di famiglia dopo la morte del padre Rinaldo, seppe rilanciare il marchio progettando il primo scooter – la Vespa MP5 Paperino – durante la Seconda Guerra Mondiale. Quel momento rappresentò una svolta per l’intera società che dal settore navale e aeronautico passò alla produzione di veicoli di utilizzo comune.
Per un decennio circa, la Piaggio puntò molto sulla due ruote che tutti oggi conosciamo, raggiungendo l’apice del suo successo. Tuttavia, negli anni Cinquanta, ci fu una netta inversione di rotta, sulla scia di un mercato in evoluzione che iniziava a prediligere le quattro alle due ruote. E fu così che Enrico Piaggio diede incarico all’ingegner Corradino D’Ascanio di progettare un mezzo economico che potesse diffondersi su larga scala: quella che poi sarà chiamata Vespa Acma 400.
Si trattava della prima storica Auto prodotta dalla Piaggio. Disegnata dall’ingegner Corradino D’Ascanio – padre, tra i tanti suoi progetti, della stessa Vespa a due ruote – la Acma 400 fu prodotta negli stabilimenti di una sua consociata, la francese ACMA, a Fourchambault, e venne lanciata per la prima volta nella primavera del 1957.
Il modello montava un motore bicilindrico a due tempi raffreddato ad aria da 394 cc, abbinato ad una trazione posteriore, mentre la velocità massima si aggirava intorno ai 90 km/h. Inoltre, proponeva sospensioni indipendenti sulle quattro ruote, freni a sistema idraulico e un cambio a 3 marce.
La Vespa a quattro ruote fu prodotta in 30mila esemplari circa, ma in Italia ne furono acquistate soltanto un centinaio. Perciò, ciò che ne conseguì fu inevitabile. In un documento proveniente dall’Archivio Storico Piaggio, l’Ingegner D’Ascanio spiegò così la decisione di interromperne la produzione: “… Il Dott. Piaggio con la considerazione che gli eventuali concorrenti delle due ruote servivano di efficace reclame per la Vespa – si legge –, mentre per le quattro ruote avrebbe avuto la concorrenza di tutto il mondo, ritenne opportuno smettere la produzione delle auto per intensificare quella delle Vespe e derivati“.
Ad ogni modo, questo modello non solo segnò un’epoca della Piaggio, ma fu anche l’antesignana delle prime utilitarie in virtù del suo design pulito ed essenziale. Non a caso, qualche mese dopo, arrivarono la Fiat 500 e l’Autobianchi Bianchina, che ne ricordavano linee e proporzioni.
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