La Ferrari si avvicina al 2022 con rinnovato ottimismo: i ‘segreti’ della nuova vettura che fanno ben sperare a Maranello
Parola d’ordine: fiducia. A Maranello ne hanno molta sulla nuova Ferrari, quella che sarà in griglia di partenza nel Mondiale 2022. Una stagione ricca di incognite considerato il cambio di regolamento che metterà tutte le scuderie davanti ad una sfida particolare e senza grandi punti di riferimento. Proprio per questo nel team della Rossa hanno voluto utilizzare un approccio particolare: aggressività, totale apertura mentale e innovazione. Un po’ quello che è già stato fatto, con risultati discreti, nel 2017 e 2018 quando furono adottate soluzioni aerodinamiche innovative che avevano portato la Ferrari a lottare a lungo per il titolo con la Mercedes.
La speranza è che l’approccio innovativo voluto da Binotto per realizzare la monoposto 2022 possa portare allo stesso risultato. Una vettura “aggressiva” in termini di apporoccio, fanno sapere dal Cavallino Rampante, che ha provato a intrufolarsi nelle pieghe di un regolamento nuovo, dove i punti in cui poter intervenire non sono poi tanti.
Innovare per tornare a vincere. La Ferrari ha scelto questa strada con Binotto che ha chiesto a tutto il team di non fermarsi ad un’unica strada ma puntare su una maggiore apertura mentale. Gli uomini non sono cambiati più di tanto, con qualche innesto da Red Bull e Mercedes per provare a carpire i segreti del metodo di lavoro. E’ l’approccio ad essere diverso.
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Innovazione, valutando vari concetti ad esempio per sospensioni e collocazione degli organi interni, prima di arrivare allo sviluppo aerodinamico. Ovviamente questa nuova metodologia di lavoro sarà poi chiamata al risultato in pista, tenendo ben presente quali sono gli aspetti in cui si è potuto incidere maggiormente. Non ali, telaio e fondo, che saranno molto simili per tutti, ma carrozzeria e disposizione degli organi interni: qui si giocano carte fondamentali per ricavare prestazioni importanti e la Ferrari ha incentrato molto della sua ricerca proprio qui. Avvalendosi anche della consulenza di Rory Byrne, uno dei pochi in F1 ad aver lavorato già con l’effetto suolo. Sarà anche questo un vantaggio?
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