Auto, stop alle endotermiche in Italia dal 2035: la posizione dei produttori

Stop vendita auto endotermiche in Italia dal 2035: Anfia contro il Governo. La risposta dei produttori dopo l’annuncio sul futuro del mercato

Stop Auto endotermiche dal 2035 in Italia, la posizione dei produttori
Stop Auto endotermiche dal 2035 in Italia, la posizione dei produttori (Getty)

Il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE) ha annunciato di voler vietare la vendita delle auto con motori classici (endotermiche) in Italia dal 2035. Una notizia che ha allarmato e sorpreso l’Anfia, l Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. La risposta dei produttori è stata dura. Nel mirino il contenuto stesso della nota, che è stata definita ambigua e volutamente poco chiara.

Secondo l’associazione gli impegni del Governo a fare scelte ponderate e caute sarebbero stati disattesi. In effetti, durante l’ultimo Cop26, diversi esponenti del Governo non avevano fatto presagire un intervento così netto. Non si attendeva una data così precisa e perentoria. Per lo stop definitivo alla vendita delle auto endotermiche le aspettative erano diverse. I produttori, stando a una nota diffusa dall’Anfia, si dicono in serio allarme.

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Una fabbrica di auto (Getty)

Stop Auto endotermiche dal 2035 in Italia, la posizione dei produttori

Le aziende della filiera produttiva si dicono preoccupate per gli imprenditori dell’indotto e per le decine di migliaia di lavoratori che rischiano il posto di lavoro. In sostanza la spinta verso l’elettrificazione viene ritenuta troppo spinta, e non coerente con gli impegni presi in altre occasioni. I riferimenti sono per i ministri Cingolani (Trasporti) e Giorgetti (Mise). Di recente, la “Clepa”, associazione europea per la componentistica, ha pubblicato uno studio quantificando i danni occupazionali ed economici.

Il pericolo dello stop alla creazione di motori a combustione interna, potrebbe far perdere fino al 2040 circa 73mila posti di lavori, di cui 67mila solo tra il 2025 e il 2030. Ecco perché l’Anfia chiede un ripensamento circa le comunicazioni del Cite. Si chiede almeno un chiarimento sulle strategie da adottare per la “road map” sulla transizione produttiva.

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