Paolo Simoncelli sulla morte di Dupasquier: il Team manager della scuderia Sic58 analizza anche il tema della sicurezza in pista
La tragedia di Jason Dupasquier ha scosso l’intero mondo delle moto. La scelta di scendere in pista e correre la gara di MotoGP, ancora oggi, è fonte di polemiche, con pareri discordanti dei protagonisti all’interno del circus. Il terribile incidente delle Qualifiche è ancora vivo negli occhi di tutti, soprattutto di chi ha vissuto in prima persona una tragedia del genere.
E’ il caso di Paolo Simoncelli, padre di Marco, scomparso a Sepang, in Malesia, nel 2011 a causa di un grave incidente, analogo a quello occorso al 19enne svizzero Dupasquier. Ed ai microfoni de “La Repubblica”, il Team manager del Team Sic58 ha espresso il suo pensiero sulla scelta della Dorna ma anche sulla sicurezza, finita sotto accusa.
“Ha deciso di continuare Dorna, è giusto, è la vita, nessun cinismo. Ogni giorno le cose vanno avanti, siamo tutti eroi. Ai piloti però avrebbero dovuto chiedere il loro pensiero prima di metterli in griglia, perché la sensibilità è diversa, una tragedia è sempre difficile da giudicare, come si reagisce alla morte di un ragazzino che insegue il tuo stesso sogno?”
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Paolo Simoncelli ha invece puntato il dito contro il minuto di silenzio. “E’ angoscioso e va evitato, eliminato. Non frega nulla – l’ammissione del Team Manager – di questo dopo la morte di un figlio, si è su un altro pianeta e bisognerebbe avere rispetto, lasciare in pace la persona. Si è in un altro mondo quando muore un figlio“.
Simoncelli ha anche affrontato il tema sicurezza. “E’ difficile fare meglio, perché è al top la sicurezza in pista tra airbag e caschi ma anche barriere e vie di fuga. Marco è morto a bassa velocità e nel circuito più sicuro, quello di Sepang. C’è pericolo dove c’è velocità ed accade anche se si è in bicicletta oppure a piedi, muori se cadi a 60 orari. La Moto3 non va demonizzata – ha poi aggiunto – a Mugello sei fregato se sul rettilineo non approfitti di una scia di un avversario“.
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