Alboreto, il ricordo del fratello Ermanno: “Andava forte ed aveva grinta”

A vent’anni dalla tragica scomparsa di Michele Alboreto, il fratello Ermanno lo ricorda nell’anniversario della morte

Michele Alboreto
Michele Alboreto (Getty Images)

25 aprile 2001. Un giorno triste per tutti i tifosi della Ferrari e gli appassionati di Motorsport. Michele Alboreto muore in un incidente durante un test sulla pista del Lausitzring per la preparazione alla 24 Ore di Le Mans alla guida della Audi.

Aveva appena 44 anni il campione di Formula 3 ma anche della 12 Ore di Sebring ed a Le Mans. Cinque le stagioni con la Ferrari, con tre vittorie conquistate. A ricordarlo, nel ventennale della scomparsa, il fratello Ermanno, intervistato da Tuttomotoriweb.

Era un uomo dai principi sani, buono ma anche autoritario. Si arrabbiava se subivi uno sgarro, non era proprio uno zuccherino” ha ricordato. Ed in pista? “Era una bestia – le parole di Ermanno – tutti però gli davano del gentleman. Aveva grinta ed andava forte. Senza queste peculiarità, mai sarebbe arrivato in Formula. Michele aveva la determinazione, cercava da quello che aveva di tirare il meglio” le parole del fratello.

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Michele Alboreto, il fratello Ermanno sulle differenze tra la F1 di ieri ed oggi

Michele Alboreto
Michele Alboreto (Getty Images)

Ma c’è un pilota di Formula 1 che ricorda Michele Alboreto? Il fratello Ermanno ha una sua opinione a riguardo. “Seguo poco la F1, impossibile fare paragoni perché è cambiata tanto, le monoposto possono ora essere guidate dai box. Prima – ha ricordato – era il pilota a dover svolgere quelle funzioni“. E Michele alla guida di una vettura del 2021? “Avrebbe impiegato un po’ di tempo prima di adattarsi. Le vere auto da corsa sono quelle degli anni ’70-’80, poi ha preso il sopravvento l’elettronica” ha sostenuto con decisione.

Il pilota prima faceva la differenza, non c’era il fenomeno in grado, con una monoposto inferiore, di andare più forte di altri” ha sostenuto Ermanno sostenendo come ad oggi i piloti siano nettamente avvantaggiati, anche dal simulatore. “Non conta la bravura nella messa a punto della vettura ma solo chi ha più fegato nel fare una curva o un sorpasso“.

C’è troppa tecnologia – ha aggiunto – è solo arrivare in fondo senza sbattere. Un pilota italiano? Potrebbe tenere alta la bandiera ma forse non c’è il giusto pilota per questo“.

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