Ormai da mesi siamo chiamati a giustificare gli spostamenti tramite l’autocertificazione. Dichiarare il falso non è però reato, secondo quanto stabilito da una sentenza.
Ora che anche la Sardegna non è più “Zona Bianca”, l’Italia resta suddivisa tra “Zona Arancione” e “Zona Rossa“, misure ritenute indispensabili in considerazione della situazione epidemiologica attuale in cui si trova il nostro Paese. In una situazione come questa è quindi necessario giustificare i propri spostamenti tramite l’autocertificazione, modulo che può essere scaricato sul sito del Ministero dell’Interno, oltre a essere in possesso delle forze dell’ordine che effettuano i controlli.
Il documento è sempre necessario durante le ore in cui è arrivo il coprifuoco (dalle 22 alle 5 della mattina successiva) e in “Zona Rossa”: in questo caso è infatti consentito uscire solo per “motivi di salute, lavoro e necessità”. Chi vive in un territorio che è stato invece collocato in “Zona Arancione” dovrà invece spiegare per quale motivo si stia spostando quando sta per uscire dal proprio Comune di residenza.
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L’autocertificazione per motivare gli spostamenti: la sentenza che fa discutere
Fino ad ora si è sempre sottolineato quanto chi compilasse l’autocertificazione fosse responsabile di quanto indicato nel modulo proprio perché ci sarebbero poi potuti essere controlli per verificarne la veridicità. E invece questo non sarebbe del tutto vero. Un 24enne milanese è infatti finito a processo per avere dichiarato il falso nel modulo, ma è stato assolto.
Il gup Alessandra Del Corvo ha infatti specificato questo aspetto nella sua sentenza: “Non c’è alcun obbligo giuridico di dire la verità nell’autocertificazione. Non c’è infatti alcuna norma giuridica che lo stabilisca” – si legge. Il giudice non ha alcun dubbio: “è incostituzionale sanzionare penalmente le false dichiarazioni di chi ha scelto legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative”.
Nel caso finito a processo il ragazzo era stato fermato per un controllo alla stazione di Cadorna di Milano lo scorso 14 marzo. Il giovane aveva detto di trovarsi lì perché stava tornando a casa dal lavoro. Un agente aveva però voluto verificare se quanto detto dal 24enne fosse vero e aveva così chiesto chiarimenti via email al negozio in cui lui era assunto. Il titolare dell’esercizio commerciale aveva però smentito il suo dipendente rivelando che quel giorno lui era di riposo.