Sabine Schmitz è morta a 51 anni a causa di un tumore raro. E’ stata la prima donna a vincere la 24 ore del Nurburgring
Al Nurburgring, Sabine Schmitz si sentiva a casa. I suoi genitori gestivano un albergo a trecento metri dalla pista, la mitica Nordschleife. E’ cresciuta tra le auto e il rumore dei motori. Su quella pista magica ha fatto la storia. E’ diventata la prima donna a vincere la classifica assoluta alla 24 Ore del Nurburgring, insieme a Johannes Scheid e Hans Widmann, sulla BMW M3 “Eifelblitz”.
Sabine Schmitz è morta a 51 anni, a causa di un tumore raro che ha resistito a tutti i cicli di chemioterapia. “Il Nurburgring ha perso la sua più famosa donna pilota – scrive il profilo ufficiale del circuito su Twitter -. Sabine Schmitz se n’è andata troppo presto dopo una lunga malattia. Ci mancherai“.
Dal 1996, per tre anni, ha scritto pagine di storia sulla pista mitica su cui correva come nel giardino di casa. Infatti, nel 1997 ha bissato il trionfo alla 24 Ore e nel 1998 è diventata anche la prima donna a conquistare il titolo del VLN.
Dalla seconda metà degli anni Duemila, ha corso per la Porsche insieme al marito Klaus Abbelen, con cui ha fondato la Frikadelli Racing.
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Oltre alla sua attività di pilota, la Schmitz ha fatto da autista per il Ring Taxi per molti anni. Secondo le sue stesse stime, ha percorso più di 30.000 giri sul Nordschleife. La conoscevano come “la tassista più veloce del mondo”, le sue corse su una BMW M5 erano leggendarie.
Ha presentato diversi programmi di motori per la tv tedesca. Nel 2016 è entrata nello staff del celebre show della BBC “Top Gear”. Il suo debutto è avvenuto sulle strade della California. “E’ stato come un primo appuntamento con tante telecamere” ha raccontato al sito della BBC.
Dal 2017, ha scoperto di essere stata attaccata da un tumore che si è rivelato ostinato. Operazioni chirurgiche, cicli di chemioterapia non sono bastati ad allontanarlo. Nel 2019, dopo un’iniziale speranza, ha sofferto una ricaduta. L’anno scorso si era presa un’ulteriore pausa dalle corse per raccogliere le forze e affrontare le successive terapie. Anche queste, però, non hanno avuto l’esito sperato.
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