La Formula 1 ha omaggiato Juan Pablo Montoya con un video che racchiude i momenti migliori della sua carriera
Un pilota aggressivo e spericolato, duro e spavaldo. Il colombiano Juan Pablo Montoya resta uno dei più sottovalutati protagonisti della Formula 1 moderna. Ma anche uno dei piloti meno compatibili con l’atmosfera del circus. Come spesso capita agli uomini e agli sportivi di carattere, non lascia indifferenti. Si ama o si odia. E come spesso capita, si odia durante e si rimpiange dopo.
Il colombiano infatti è arrivato in Formula 1 nel 2001, ma con un passato nelle serie americane che non ne fa la solita matricola. “Juancho”, questo il suo soprannome, aveva conquistato il titolo in F3000 nel 1998 e nella CART l’anno successivo. Al primo tentativo, era diventato il più giovane campione della serie USA dove aveva trionfato per due volte Alex Zanardi.
Entra, e non certo in punta di piedi, nella Formula che sta iniziando a vivere la stagione da dominatore di Michael Schumacher in Ferrari. Montoya si ritaglia un ruolo da “villain”, da cattivo della situazione. La sportellata al tedesco alla “esse di Senna” a Interlagos al GP Brasile del 2001 è una chiara dichiarazione. Non a caso, domina tra i momenti simbolo della sua carriera sintetizzata così in un video ufficiale della Formula 1.
“Non basta un sorpasso per fare un campione” ha detto Schumacher dopo la gara, la terza in carriera di Montoya che resta con l’amaro in bocca però. Al giro 38, infatti, il doppiato Jos Verstappen, padre di Max, al volante di una Arrows sbaglia completamente la frenata alla curva 4 e lo sperona. La sua gara finisce così.
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Juan Pablo Montoya, Monaco 2003 e il giro record a Monza
La Formula 1 ha selezionato, in questa antologia, anche il GP Monaco del 2003, la sua seconda vittoria in carriera. Con una condotta di gara perfetta, in pista e ai box, Montoya riporta la Williams al successo sul tortuoso circuito del Principato dopo vent’anni, davanti a Kimi Raikkonen e Michael Schumacher.
Nel 2003, Montoya appare con un candidato credibile per il titolo di campione del mondo. Vince anche in Germania, un gran premio maledetto per la Ferrari. A tre giri dalla fine Schumacher fora una gomma e chiude settimo. Montoya veleggia verso il successo e accorcia a sei punti la distanza in classifica. L’incidente con Barrichello negli USA e il ritiro in Giappone gli impediranno di lottare per il Mondiale fino all’ultima gara.
Per un pilota che fa della velocità il suo punto di forza, Monza è come un tempio. Montoya non fa eccezione. Qui ha vinto il suo primo gran premio, nel 2001. Qui ha fatto registrare, nel 2004, il giro record nelle prove libere: 1.19.525, a 262,242 km/h di media. Il primato, non ufficiale perché la FIA omologa i tempi di qualifiche e gara, sarà comunque battuto da Kimi Raikkonen nel 2018. Iceman ha firmato allora la pole, con la Ferrari, in 1.19.119, a una media di 263,587 km/h.
Nel 2005 passa alla McLaren e vince le sue ultime tre gare. La prima, inserita nelle prime cinque posizioni della classifica dalla Formula 1, matura a Silverstone anche grazie a una partenza bruciante che lascia secco il futuro campione del mondo Fernando Alonso. Le ultime due rappresentano una sorta di canto d’addio. Trionfa a Monza e di nuovo a Interlagos dove, in un certo senso, tutto era cominciato.