Il circuito di Kyalami ha ospitato diciotto edizioni del GP Sudafrica. Il layout di un tracciato memorabile, storia e curiosità
Il circuito di Kyalami, costruito nel 1961 a Midrand che significa “la mia casa” in swahili, ha ospitato il GP Sudafrica dal 1967 al 1985, e poi di nuovo per due anni nel 1992 e nel 1993.
Spesso teatro del primo gran premio della stagione, è finito fuori dal calendario della Formula 1 nel clou della lotta anti-apartheid. Nell’edizione del 1985, il governo francese ha impedito alla Renault e alla Ligier di prendere parte all’evento.
Allora, l’inviato di Repubblica Carlo Marincovich descriveva i controlli estenuanti della polizia davanti al circuito, a cui si arriva attraverso un pianoro ondulato, passando per una stradina costeggiata di country club da un lato e un ghetto nero dall’altra.
Per questo, durante il weekend del gran premio, i cancelli, le sbarre, i posti di blocco, le continue verifiche dei documenti diventavano un’abitudine.
Inizialmente lungo 4,261 chilometri, poi modificato dopo la fine del regime dell’apartheid, era un circuito insidioso e veloce. Dopo il lungo rettilineo di partenza, i piloti attraversavano la curva Crowthorne e poi una serie di pieghe veloci prima della Clubhouse.
Una serie di chicane, nel tratto più guidato della pista, preludono al tornante Leeukep. La rapidissima Kink ammetteva infine sul rettilineo del traguardo.
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Sul tracciato vicino a Johannesburg si sono disputate anche quattro edizioni del GP Sudafrica, dal 1983 al 1985 e nel 1992. Nell’ultima edizione, qui ha vinto Max Biaggi in 250.
In Formula 1, restano da record i quattro successi della Ferrari, la scuderia con più successi a Kyalami, e le tre vittorie di Niki Lauda (1976, 1977 e 1984). A suo modo, ha un piccolo primato anche Nigel Mansell. Il “Leone” si è imposto, infatti, sia sul vecchio tracciato nel 1986 sia sul nuovo nel 1992.
A Kyalami, Jim Clark ha conquistato il Rand Grand Prix, un evento non compreso nel calendario del Mondiale, nel 1961. Qui ha anche celebrato la sua ultima vittoria in Formula 1, nel primo gran premio della stagione 1968. Correva sulla Lotus che ancora presentava i colori originari, prima dei cambiamenti alla livrea richiesti dalle sponsorizzazioni.
Nel 1971, si palesa la stella di Mario Andretti, secondo pilota nella storia dopo Juan Manuel Fangio a vincere all’esordio con la Ferrari. Si è guadagnato subito la stima del “Drake”, che l’ha scelto come successore di Ignazio Giunti, morto a gennaio durante la 1000 km di Buenos Aires. Realizza un sogno, che lo condurrà due anni dopo a diventare campione del mondo con la Lotus.
Nel 1976, Niki Lauda e James Hunt hanno tagliato il traguardo separati per appena 1,3 secondi. Sarà l’inizio di una stagione senza precedenti. Nel 1978, a Riccardo Patrese sono bastati venticinque giri per stupire. Quelli trascorsi, dal ventottesimo al ritiro, in testa tenendo testa a Schekhter, Lauda, Andretti. Il tutto, con una piccola Arrows.
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Kyalami è anche un tracciato di crisi, come la minaccia di boicottaggio e la corsa “fantasma” del 1980 senza i grandi costruttori come strumento di pressione per arrivare al primo storico Patto della Concordia, e di incidenti fatali. Nel 1974, Peter Revson muore mentre testa una Shadow alla curva Barbecue, tre anni dopo è Tom Pryce ad aggiungere il suo nome alla Spoon River del circus.
L’episodio è drammatico come solo le fatalità sanno essere. Renzo Zorzi ha parcheggiato la Shadow di fronte ai box. Si genera un principio di incendio. Il diciannovenne olandese Frederick Jansen van Vuuren attraversa la pista ma Pryce che sopraggiunge non lo vede e lo travolge. Pryce muore, colpito alla testa dal suo estintore.
“Ci farebbe piacere poter rinnovare questa eredità in Formula 1” ha detto un portavoce del circuito nel 2018. “Il continente africano merita di ospitare di nuovo un gran premio ma nell’attuale struttura non è finanziariamente sostenibile”.
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