Chi lo ha pilotato non ha dubbi: l’F-104 è stato non solo l’aereo più veloce, ma anche quello più divertente e difficile da domare
Quando Tony LeVier, il pilota americano che per primo collaudò l’F104 scese dalla cabina dopo il test inaugurale, quasi crollò a terra. Era stremato. Lo staff di ingegneri e progettisti della Lochkeed che aveva assistito al suo volo di collaudo era in attesa delle sue prime valutazioni.
LeVier, reduce da un volo di prova in cui aveva scatenato tutta la potenza del postbruciatore da oltre 70 kiloNewton chiese di essere portato in ospedale: “Questo bastardo mi farà ammazzare – disse – credo di avere una costola rotta”. Le costole rotte in realtà erano tre: colpa dell’inerzia nel momento in cui staccata la spinta per superare la barriera del suono, l’F-104 era tornato un aereo ‘normale’.
Che per la verità di normale non aveva assolutamente nulla. Inizialmente quel mostro lungo e stretto, affusolato e dalla sagoma sottile e minacciosa doveva essere un missile. Clarence Kelly Johnson, era stato incaricato di progettare un intercettore molto più veloce rispetto all’F-86 Shooting Star che in Corea aveva vissuto pessimi momenti contro i Mig-15. Johnson raccoglie un progetto nel cassetto, quello di un missile a lunga gittata che doveva essere equipaggiato con un motore posteriore, gli disegna due piccole ali e progetta un paradosso. Un missile che diventa aereo. Inizialmente lo prendono per pazzo: ma il progetto prende forma… Agli USA, nel pieno di guerra fredda e corsa agli armamenti, l’idea di un aereo più veloce del Mig era necessaria.
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Occorrono due anni prima che l’F-104 diventi qualcosa di concreto sul quale testare i piloti americani. L’Air Force concentra tutti gli sforzi industriali delle sue aziende nel missile-aereo che diventa uno dei progetto più rivoluzionari nella storia dell’aviazione. Clarkson è convinto che l’aereo possa arrivare a Mach 1.8, oltre 1800 km/h. Nessuno dei generali dell’aviazione americana lo prende sul serio fino a quando in un volo di prova l’F-104 arriva quasi Mach a 1.9.
La Lockheed ottiene la sua prima commessa per una fornitura destinata alla US Air Force, ma il progetto piace anche all’Aeronautica italiana che acquisisce il 104 come uno dei suoi intercettori di punta che sarebbe poi diventato il meraviglioso 104S progettato da Fiat Aviazione (poi Aeritalia). Nasce il SuperStarfighter, 246 esemplari prodotti (206 per la nostra Aeronatica) con un postbruciatore ancora più estremo, da oltre 80 kiloNewton.
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L’F-104 resta in servizio nel nostro paese dal 1969 al 2004. Il ‘tunnel’ per scatenare tutta la potenza dell’aereo-missile era tra Rimini e Verona: poco meno di 300 km nel corso dei quali l’aereo faceva appena in tempo a raggiungere la massima velocità – dati ufficiosi parlano di Mach 2.3, 2300 km/h – prima di spegnere il postbruciatore e rallentare. Un vero e proprio balzo nell’iperspazio capace di togliere il respiro, paralizzare la circolazione del sangue e mettere sotto stress anche i piloti più esperti.
Nascono le maschere per la respirazione sovralimentate, le tute anti-gravità. L’F-104S diventa l’aereo più estremo di sempre. Alcuni lo battezzano in modo un po’ sinistro ‘la bara volante’ per la frequenza degli incidenti e per la sua pericolosità. In Germania gli ufficiali della Luftwaffe lo soprannominano Witvenmacher, il fabbrica-vedove. Ma era e resta l’aereo militare più amato di sempre.
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In Italia esistono diversi F-104S esposti, in parte, come veri e propri pezzi da museo. Uno dei più belli è al museo dell’Aviazione di Vigna di Valle ma c’è anche un folle collezionista, animato da una notevole disponibilità economica e una immensa passione, che gli F-104 li colleziona, li restaura e li fa volare di nuovo. Si chiama Rick Svetkoff e la sua storia, che presto diventerà un film avremo modo di raccontarla presto.
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