Mario Poltronieri ha raccontato la Formula 1 per la RAI dal 1971 al 1994. Ha contribuito a cambiare il modo di parlare di corse in tv
Per generazioni di appassionati, la Formula 1 in tv ha la voce di Mario Poltronieri. Anche se, alla Formula 1, lo storico telecronista della Rai è arrivato per passaggi successivi. Quando è entrato nella redazione della tv di Stato, nel 1961, la telecronaca delle gara era affidata a Piero Casucci. Un giornalista e una voce d’altri tempi, quella di Casucci, figlia della Rai degli speaker. E’ lui che accompagna le immagini della trasmissione sperimentale di spezzoni del gran premio di Monda del 1953, e poi delle fasi iniziali e finali dell’edizione 1954.
Casucci chiede di ridurre i suoi impegni verso la metà degli anni Sessanta. Poltronieri, figlio di un violinista e di una professoressa di matematica, esordisce in telecronaca nel 1964, da Milano. Non per una gara automobilistica, ma per il primo incontro trasmesso in tv della nazionale di baseball. All’epoca era l’unico giornalista Rai che ne sapesse qualcosa. L’aveva infatti praticato nel dopoguerra, coltivando nel frattempo le sue due grandi passioni: gli aerei e le corse.
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Mario Poltronieri, dalle moto alla Formula 1
Negli anni Cinquanta, ha infatti gareggiato sia in moto con un Cucciolo sia con le auto, soprattutto Abarth di cui è diventato anche collaudatore. Ha stabilito diversi primati di velocità a Monza con la 600, la 750 e la Abarth 1000 a forma di siluro. Proprio a questo suo aspetto di pilota si deve il primo incarico in Rai legato ai motori, ovvero il programma “Ruote e strade” del 1961 che, nel pieno della visione pedagogica della televisione in voga all’epoca, si concentrava sull’insegnamento della guida.
Il primo spazio libero per le telecronache dei gran premi lo occupa nel motociclismo. Apprezza lo stile tecnico di Giacomo Agostini più dell’irruenza del rivale Pasolini, a cui è legato il ricordo della telecronaca più difficile della sua carriera.
E’ il doloroso GP di Monza del 1973, il giorno dell’incidente mortale di Pasolini e della leggenda Saarinen. Come ha rivelato al Corriere della Sera, allora i telecronisti erano in postazione in cima alla tribuna centrale di Monza. E la polizia continuava a non informare la stampa di quello che era successo al curvone. Per cui non ha saputo subito dell’incidente mortale. Una situazione che oggi non sarebbe davvero possibile. Accadde lo stesso, sempre a Monza, in occasione della morte di Ronnie Peterson.
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Gli anni di Villeneuve e la rivoluzione in televisione
Poltronieri racconta la Formula 1 dal 1971. Racconta una stagione di rinascita per la Ferrari, con Niki Lauda e Clay Regazzoni. Contribuisce a cambiare il linguaggio del racconto delle corse, con una partecipazione non urlata, una voce suadente, e un’ironia elegante. La Rai, che era responsabile anche della produzione internazionale dei gran premi in Italia, in quegli anni sperimenta anche una novità assoluta, l’inviato ai box.
Ovvero, Ezio Zermiani. Il loro diventa un duo quasi teatrale. Zermiani è infatti colorito, ma mai irriverente, diventerà amico di Nelson Piquet e negli anni di Michele Alboreto, che sarà ospite fisso in un suo programma settimanale di commento ai gran premi, “Rosso 27”, negli anni in cui lottava per il Mondiale. Provate solo a pensare, oggi, a un approfondimento fisso con Carlo Vanzini e Charles Leclerc. Allora, si poteva fare davvero.
La voce di Mario Poltronieri ha accompagnato gli spettatori fino al 1994, alla chiusura di un’epoca. Ha mantenuto la diretta per ore nella domenica nera della morte di Ayrton Senna e raccontato la prima ascesa di Michael Schumacher. Ha alternato diversi commentatori, le cosiddette seconde voci, su tutte Gianfranco Palazzoli, come lui ex pilota.
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Ci ha lasciato ieri Mario #Poltronieri, storica voce #Rai della #Formula1. Ecco un suo ricordo con il racconto dello storico #GPFrancia 1979 pic.twitter.com/udKVR3jpaa
— RaiSport (@RaiSport) January 19, 2017
Volendo identificare il momento che definisce la rivoluzione televista del racconto della Formula 1, non ci sarebbero dubbi. Dovremmo tornare a Digione, al 1979, al duello Villeneuve-Arnoux.
Nel giorno della sua scomparsa, nel 2017, l’inviato della Stampa Cristiano Chiavegato ha raccontato come quella sfida epica abbia cambiato le abitudini per tutti. Allora infatti gli inviati dei giornali si posizionavano su una delle curve spettacolari e prendevano i tempi sul giro.
Ma il duello era avvenuto da un’altra parte, e i giornalisti l’hanno scoperto solo dopo aver telefonato alle redazioni dove invece il gran premio l’avevano guardato in tv. “Così da quel giorno – ha scritto -non potemmo fare altro che avere almeno un monitor tv a disposizione, per avere una visione globale nel Gran Premio”.