La spagnola Laia Sanz torna alla Dakar per l’11esima volta dopo un anno complicato che l’ha vista combattere contro il Morbo di Lyme
Si chiama Laia Sanz, non Sainz. Anche se molti continuano a storpiare il suo cognome e presumono che sia parente del fuoriclasse che ormai è di casa alla Dakar. Laia e Carlos Sainz non hanno nulla in comune: se non il fatto di essere entrambi spagnoli e di avere una gran passione per l’offroad.
Anche Laia di fatto è di casa alla Dakar: questa è l’undicesima volta che partecipa. Ha 35 anni compiuti da poco e, come dice lei, “almeno 30 li ho passati seduti su una sella”. Ha cominciato ad andare in bicicletta prima ancora che a imparare a parlare e, quando aveva due anni, ha fatto il suo primo giro in moto. Su una Beta del papà, grande appassionato e discreto motociclista di trial. Aveva due anni. Quel giro Laia giura di ricordarselo ancora: “Credo ci siano poche cose della mia primissima infanzia che ricordo così bene – racconta – forse perché mi hanno fatto vedere delle foto, o me lo hanno sempre ricordato. Ma sono sicura che sia stato un momento di grande felicità: ricordo papà che mi teneva stretto e io che gli dicevo ‘ancora, ancora…’ e che non volevo più scendere dalla moto”.
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In effetti Laia dalla moto non è più scesa. Anzi, quando aveva cinque anni ci è salita diverse volte di nascosto. Suo fratello maggiore aveva una Montesa Cota 25cc. E lei racconta che spesso di nascosto andava a farsi un giretto: “Sottovalutavo il fatto che la moto facesse un gran baccano, e dunque mi beccavano sempre. Alla fine però i miei genitori si sono convinti e hanno deciso di coltivare la mia passione”.
La prima gara a sette anni, in una gara del campionato catalano di trial: unica ‘ragazza’ in gara, unico iscritto ad avere meno di dodici anni. Arrivò ottava. Nel 1997 la prima gara vinta in categoria maschile, a soli 10 anni, con una Montesa 80 cc.
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La ragazzina non ha paura di niente e a dodici partecipa al suo primo campionato femminile internazionale di trial. Da lì in poi Laia non si fa mancare niente: a quattordici anni quel campionato lo vince e lo continua a conquistare prima con la Beta, poi anche con Montesa e Gas Gas per tredici volte: un solo secondo posto nel 2007. Conquista anche 10 campionati femminili trial, sei Trial Des Nations femminili e tre mondiali enduro femminili. Ma la competizione nella nicchia ‘di genere’ non fa per lei: “Arrivi a un certo punto che non vuoi più essere considerata la migliore tra le donne, per quanto brave siano – dice – vuoi semplicemente essere considerata brava e basta. A 360 gradi”.
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La Dakar è la sua grande passione da sempre: “Un richiamo fortissimo, fin da quando con papà restavamo alzati la sera fino a tardi per guardare le immagini che arrivavano dopo ogni tappa. Ho sempre detto ai miei che prima o poi sarei andato alla Dakar e alla fine… questa è la mia 11esima partecipazione. Sono diventata una veterana”.
Laia Sanz ha vinto la classifica femminile tre volte alle sue prime tre partecipazioni: poi ha cominciato a lavorare per migliorare la sua classifica assoluta. Anche se… “Anche se quando fai la Dakar la prima preoccupazione che hai è quella di portare la pelle a casa e possibilmente arrivare alla fine – ammette – negli anni ho ottenuto buoni risultati. Ma qui il livello è altissimo, non basta essere veloce o coraggiosa. Serve un mezzo praticamente perfetto, molto spirito di adattamento e una determinazione feroce. La Dakar è spietata”.
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Ha portato a termine cinque edizioni su dieci: miglior risultato nel 2015 quando con la Honda arriva nona assoluta. La miglior donna di sempre in sella a una moto alla Dakar. La moto resta la sua grande passione, ma il suo talento si sta confrontano anche con 4×4 e gran turismo. In Spagna è popolarissima: uno degli sportivi più famosi del paese… “Sono reduce da un anno molto difficile e complicato. Tutto è iniziato male quando lo scorso gennaio, proprio alla Dakar, sono caduta e mi sono fatta male a una mano. Non so come sono arrivata alla fine ma quella mano infortunata mi ha fatto dannare l’anima per tutto l’anno. Quando tutti temevano il Covid a me è stata diagnosticata il morbo di Lyme: mi sono dovuta sottoporre a molte terapie. Ma finalmente sono potuta salire in moto e sono qui, anche se non sono al 100%. Sono qui per godermi la mia prima Dakar dopo le terapie. E vedere che cosa riesco a fare”.
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Il morbo di Lyme potrebbe esserle stato trasmesso proprio alla Dakar, dalla puntura di una zecca infetta. Febbre, dolori muscolari, una grave infezione del sangue per settimane. Due cure di cure e di antibiotici: ma ora Laia è in piena gara, 25esima con la sua Gas Gas ufficiale a poco più di 30’ dal leader della gara, l’australiano Price.
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