Michael Schumacher in una parola. La versione di Alonso, Montoya, Alesi, Hill in un video. Il 3 gennaio, il campione tedesco compie 52 anni.
Michael Schumacher non concepiva di trascorrere un giorno senza una sfida. Le cercava da bambino, a Kerpen, le ha inseguite da campione e per questo è tornato in Formula 1 per l’epilogo in Mercedes. Ma è l’era in Benetton e Ferrari che ne ha forgiato l’immagine di leggenda.
Una storia costruita da un anonimo paesino nella piana boscosa a ovest di Colonia, dove Michael e il fratello Ralf iniziano a correre nel kartodromo di famiglia. Qui Michael ha scoperto la passione, e il primo dolore legato alle corse: la morte della prima fidanzata, Andrea, scomparsa in un incidente.
Kerpen non è lontano dal Belgio, la terra del destino. Schumacher si innamora di Senna a Nivelles, esordisce in F1 a Spa grazie a un pilota belga, Bertrand Gachot, che dà in escandescenze con un tassista. E sempre sullo stesso tracciato, l’università della Formula 1, vince la prima delle sue 91 gare in F1.
I sette titoli mondiali racchiusi nello spazio di undici anni non restituiscono la complessità di un’icona della Formula 1. La sua legacy è anche nella traccia che lascia in chi l’ha conosciuto, nei compagni di scuderia e nei piloti rivali. Il circus ha chiesto alle figure chiave che hanno vissuto quegli anni di raccontarlo in una parola.
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Michael Schumacher in una parola: il video
Era “eccezionale” ha detto Damon Hill, il primo rivale di Schumi. Gli ha conteso il titolo nell’anno del suo primo Mondiale, un anno spartiacque nella storia della Formula 1 spaccato dalla morte di Senna a Imola.
Una stagione chiusa con un altro incidente, tra il tedesco senza paura né timori reverenziali e l’inglese riservato col peso del cognome e della morte del padre. Lo scontro di Adelaide rivela un tratto che Schumacher avrebbe smussato senza mai perderlo del tutto, ovvero la tendenza ad andare oltre il limite se messo alle strette. Lo farà anche con Gilles Villeneuve a Jerez nel 1997.
Flavio Briatore, il manager che ha voluto Schumacher e con lui ha festeggiato l’unico titolo mondiale della Benetton, non ha dubbi quando si tratta di ritrarre Schumi con una parola: “era il re” dice.
Il passaggio in Ferrari comporta una staffetta con Jean Alesi, francese che si è fatto amare in una stagione complessa di rinnovamento per la rossa. “Schumacher in una parola era la perfezione” ha detto.
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La versione di Alonso e Montoya
Le prime stagioni a Maranello comportano illusioni svanite all’ultima gara. Schumacher non è amato come Villeneuve, gli rinfacciano di essere un po’ antipatico, di non sforzarsi di rispondere in italiano alle interviste.
Il tedesco era “determinato” dice Barrichello nel video. Era “professionale” spiega Ross Brawn, uomo chiave negli anni d’oro con Schumi al volante e Jean Todt al vertice del team. Schumacher, geloso della sua vita fuori dalle piste, è un uomo squadra a riflettori spenti. Ma non gli interessa farsi amare, solo farsi accettare come pilota. E per questo basta andare più forte degli altri.
Ha messo da parte le emozioni, un ostacolo nella rincorsa alla perfezione a cui si è avvicinato quanto più non sarebbe stato possibile. I cinque titoli consecutivi dal 2000 al 2004 lo rendono un “target”, un “obiettivo” da imitare e da battere, per Juan Pablo Montoya.
Nel 2005 Schumacher conosce il suo erede, Fernando Alonso. “Era un talento” dice nel video. “Era un eroe” ammette invece Felipe Massa, campione del mondo per mezzo minuto in Ferrari. Lo è stato per generazioni di tifosi e giovani piloti. A tutti ha insegnato a inseguire il brivido della sfida, conseguenze comprese.