Formula 1, le immagini di Grosjean hanno riportato alla mente il fuoco che avvolgeva Niki Lauda o Gerhard Berger. La storia
Il fuoco invade la pista. Un bagliore di luce, l’immagine della paura, un monito da conservare. Il rogo che ha avvolto la Haas di Grosjean spezzata in due all’inizio del GP Bahrain ricorda che La Formula 1 ibrida, la Formula 1 iper-tecnologica, è pur sempre una Formula 1 maledettamente umana e pericolosa.
Certo, la presenza dei dispositivi di sicurezza e di Halo ha consentito al francese di uscire dalla monoposto in fiamme senza conseguenze gravi né irreparabili. Se un incidente simile fosse accaduto venti o trenta anni fa, sarebbe andata in maniera molto diversa.
Il caso più celebre, non potrebbe essere altrimenti, è il rogo che ha coinvolto Niki Lauda il primo agosto del 1976 sul circuito del Nurburgring. L’inferno verde diventò un inferno di fuoco alla Berckweck, una delle curve più infide della pista lunga allora 20 km.
Lauda rimase tra le fiamme 55 secondi, il doppio del tempo impiegato da Grosjean per uscire dalla Haas. Decisivo l’intervento dell’italiano Arturo Merzario, il pilota brianzolo che lo estrasse dalla macchina. «Mi buttai tre volte fra le fiamme, Niki si agitava, non riuscivo a tirarlo fuori dall’abitacolo perché era ancora legato con le cinture” ha raccontato l’anno scorso ad Avvenire. L’austriaco sviene, e solo a quel punto Merzario stacca le cinture e lo trascina fuori dall’auto che brucia. Gli pratica massaggio cardiaco e respirazione artificiale, come ha imparato da militare, e gli salva la vita.
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Lorenzo Bandini, il rogo sul mare
La prima vittima di un rogo in Formula 1 non ha incontrato un Merzario come angelo custode. Non ha incontrato nemmeno soccorritori rapidi come se ne vedono oggi. Il 7 maggio 1967 a Montecarlo l’italiano Lorenzo Bandini, protagonista un anno prima della sfida contro le Ford su cui basa il film “Le Mans ’66”, sbanda alla chicane del porto e si solleva in aria dopo aver colpito una bitta di ormeggio delle navi. L’incendio verrà domato dopo tre minuti e mezzo. Bandini, stella della Ferrari di quegli anni, arriva all’ospedale di Montecarlo con una ferita profonda alla milza e ustioni sul 60% del corpo. Morirà tre giorni dopo.
Un anno più in là, Jo Schlesser perde il controllo della sua Honda al GP Francia e prende fuoco: il francese non sopravvive. Fatale anche l’uscita di pista dell’inglese Piers Courage sulla Tomaso al GP Olanda del 1970 e di Jo Siffert, svizzero scomparso nel rogo della BRM al sedicesimo giro a Brands Hatch nel 1971, in una gara fuori dal calendario del Mondiale.
Formula 1, gli incendi fatali a Williamson e Peterson
A Zandvoort, nel 1973, la Formula 1 vive una delle sue pagine più nere. Il britannico Roger Williamson, vittima di un incidente, resta intrappolato vivo mentre la sua monoposto si ribalta. I commissari tardano ad arrivare, il solo David Purley lo soccorre. Per lunghi minuti, la Revson brucia con il britannico all’interno lasciato quasi completamente solo.
Il GP Italia del 1978 è fatale a Ronnie Peterson. La McLaren di Hunt causa l’incidente con la Lotus dello svedese che sbatte contro le barriere, rimbalza contro la pista, s’incendia e coinvolge una decina di vetture come Vittorio Brambilla, incosciente all’interno della Surtees.
Peterson ha le gambe schiacciate ma parla con i soccorritori. Quando arriva al Niguarda, è in condizioni serie: presenta otto fratture sulla gamba destra e quattro al piede. Ha ustioni anche al braccio e alla spalla sinistra. “Voglio essere in grado di guidare a Watkins Glen” dice ai medici. E’ l’ultima frase che dirà. Morirà per una crisi renale dopo l’operazione.
Negli anni Ottanta, muoiono Riccardo Paletti nel rogo della sua Osella dopo un contatto con la Ferrari di Didier Pironi al GP Canada del 1982, e Elio De Angelis, intrappolato in una Brabham durante una sessione di test privati a Le Castellet nel 1986.
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Berger e Jos Verstappen, paura in Formula 1
Tre anni dopo, a Imola, Gerhard Berger al volante della Ferrari si schianta alla curva del Tamburello, dove perse la vita Ayrton Senna nel weekend più nero della Formula 1 moderna. La “Rossa” dell’austriaco va a sbattere e prende fuoco, Berger per sua fortuna se la cava solo con ustioni non gravi.
E’ invece un pit stop, un momento che dovrebbe essere innocuo, a scatenare terrore al box della Benetton durante il GP Germania del 1994. Al quindicesimo giro rientra Jos Verstappen, il padre di Max. Il meccanico addetto alla pompa di benzina fatica a farla entrare nel serbatoio, così un po’ di carburante finisce sul motore. Il pilota e sei meccanici se la cavano con qualche ustione, e una grande paura.
Esce sano e salvo anche Pedro Diniz dal rogo della Ligier in Argentina nel 1996. Da allora, il fuoco sembrava aver abbandonato i circuiti di Formula 1. Ma, come ha scritto Lewis Hamilton dopo l’incidente di Grosjean, “il rischio che ci prendiamo non è un gioco. Non dimenticate che rischiamo la vita per lo sport che amiamo”.
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