GP Bahrain, la guida al tracciato di Sakhir. Le caratteristiche della pista, le simulazioni Brembo, le scelte Pirelli
La Formula 1 affronterà per la prima volta due gare in due layout diversi dello stesso circuito in due settimane consecutive. Il GP Bahrain si svolge sul layout tradizionale poi la prossima settimana, in notturna, su un tracciato esterno da 3.5 chilometri, 200 metri più lungo rispetto a Montecarlo ma molto più veloce, in cui i piloti andranno a sinistra dopo la curva 4 e percorreranno quasi un ovale fino all’ultima curva.
I lavori per la costruzione dell’impianto sono iniziati a dicembre del 2002. Come per lo Yas Marina Circuit di Abu Dhabi, i progettisti guidati dal solito ingegnere Hermann Tilke avevano di fronte una tavola bianca. O meglio, nel caso specifico, una distesa di sabbia da riempire. Nel 2004, la prima edizione ha visto la vittoria di Michael Schumacher davanti a Rubens Barrichello per una doppietta Ferrari mentre dietro la Jaguar di Mark Webber e la Renault di Fernando Alonso davano vita a una battaglia entusiasmante.
Dopo il rettilineo di partenza/arrivo lungo oltre un chilometro, i piloti affrontano la staccata più dura del circuito. Come spiegano i tecnici Brembo, i piloti scendono da 337 a 83 km/h in soli 122 metri. Per riuscirci i piloti frenano per 2,44 secondi esercitando un carico di 172 kg sul pedale del freno ed affrontando una decelerazione di 5,5 g.
La sequenza con la curva 2 richiede una traiettoria ottimale in uscita sul rettilineo verso la 3, a destra. La curva 4, che chiude il primo settore, impone al pilota di accelerare presto dopo il punto di corda e comporta rischi di perdita di trazione.
La successiva serie di cambi di direzione (curva 5-6-7) richiede una macchina reattiva sull’anteriore considerato che bisogna usare tanto il cordolo interno alla curva 6 in modo da affrontare al meglio la 7.
Si arriva così al lento tornantino della curva 8 dove il punto di bilanciamento tra l’erogazione della potenza e la trazione è una chiave essenziale. Il tornante apre alla discesa verso la nove e poi lungo la 10, a destra, dove serve una frenata secca e molto dura. Qui la curva si imposta con un angolo di sterzo molto pronunciato ed è semplice bloccare le gomme anteriori.
Segue il backstraight che immette alla curva 11, la terza frenata impegnativa del tracciato. Fino alla curva 13 si va di percorrenza fluida e dopo si entra nell’ultimo dei quattro rettilinei, sempre leggermente in discesa.
Da qui si arriva alla 14, l’ultima curva, in cui i piloti devono portare la velocità al centro della curva. Arrivando larghi, si rischia infatti di compromettere l’accelerazione sul rettilineo principale.
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Trovare il bilanciamento tra la downforce e la velocità di punta, nell’alternanza di frenate impegnative e tratti scorrevoli, non è semplice. Anche perché si corre al tramonto e un assetto meno carico comporta anche un più rapido degrado delle gomme.
Saranno fondamentali le unità di recupero dell’energia, soprattutto il sistema MGU-H che sfrutta l’energia cinetica dei gas di scarico in eccesso. Le due unità comportano un recupero che vale quasi tre secondi a giro.
Secondo i tecnici Brembo, il circuito di Sakhir è altamente impegnativo per i freni, con un valore 4 nella scala da 1 a 5 come Nurburgring, Monza e Spa-Francorchamps. Le temperature inoltre dovrebbero essere superiori rispetto alle edizioni disputate a marzo o aprile, dunque con un maggiore rischio d’usura per i dischi.
In ogni giro il piloti effettuano otto frenate, con 4,2 g di decelerazione massima. D’altronde, sette delle otto frenate impongono una perdita di velocità supera ai 130 km/h e in quattro su otto lo spazio di frenata non è inferiore a 105 metri.
Sakhir è un circuito che enfatizza la trazione e la frenata ma non sottopone le gomme a pesanti carichi laterali. Pirelli ha scelto uno step di gomme più morbide rispetto all’anno scorso. Per cui la dura è la C2, che nel 2019 era la media. La “gialla” è la C3, la soft la C4.
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