La prima vittoria in Superbike di Michael Rinaldi non può essere una sorpresa. Da diverse settimane ormai il giovane pilota italiano si stava mettendo in evidenza con prestazioni eccellenti.
Le sue prove libere, ad Aragon, erano state estremamente aggressive e avevano messo in riga tutti i favoriti: anche il campione del mondo Jonathan Rea.
Il modo in cui Rinaldi si è sbarazzato del leader del campionato del mondo con un sorpasso straordinario rifilandogli poi quasi mezzo secondo a giro, per chiudere con largo distacco, rappresenta una vittoria da manuale, da veterano. E invece, Rinaldi, nonostante la lunghissima gavetta fatta di esperienze e incertezze, è un pilota pieno di ambizioni e di prospettive. Il suo contratto con la Go Eleven era passato quasi sotto silenzio e Rinaldi aveva accettato di buon grado di adattarsi alla guida di una Ducati che era stata ritagliata sulle caratteristiche di Bautista, un pilota completamente diverso da lui.
Il suo pianto, irrefrenabile, sotto il casco una volta tagliato il traguardo, testimonia quella che è la grande emotività di un pilota di razza, un talento puro e assoluto, che finalmente ha fatto suonare di nuovo l’inno di Mameli alla premiazione dei piloti. Una conferma che costringe la Ducati a un’attenta riflessione su quelle che potrebbero essere le guide ufficiali della prossima stagione.
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Eppure fino a poche settimane fa Michael Rinaldi passava completamente sotto traccia rispetto ai grandi nomi della Superbike ed era conosciuto soprattutto per la sua simpatia e per il suo modo di fare entusiasta e sempre sorridente che gli aveva causato anche qualche problema nel paddock. In realtà, anche se uno sorride spesso ed è sempre di buon umore, non vuol dire che non sia serio. Rinaldi lo è, e molto. Per diversi anni si è diviso tra un lavoro normale, operaio in un’officina meccanica, e una carriera da pilota professionista che professionista non era. Con la straordinaria vittoria di Aragon ora Rinaldi può finalmente considerare definitivamente chiusa la sua lunga, lunghissima gavetta fatta di 66 corse in Superbike e senza mai nemmeno un podio.
Rea e Davies sono stati i primi a complimentarsi con lui: “Meritava questa vittoria – ha detto Davies – oggi è come se avesse vinto uno di famiglia, un mio fratello più piccolo”. “Quando l’ho visto partire e seminarmi ho capito che aveva fatto la scelta giusta – ha detto Rea, secondo per distacco alle spalle di Rinaldi – e che ho qualcosa da imparare da piloti che hanno vinto meno di me. Complimenti, ha fatto una gara incredibile, e vincerà ancora tanto”.
Rinaldi ha 24 anni e una luminosa carriera davanti. Gli archivi lo ricordano a soli 16 anni in una fugace esperienza in Moto3. Il suo dubbio, ancora fino a pochi mesi fa, era se continuare a fare l’operaio o fare il pilota. Con la vittoria in Gara #1 ad Aragon Michael Rinaldi ha definitivamente dimostrato di meritare di essere definito un pilota vero, e a tempo pieno.
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