Fuori Giri

Bruce Springsteen, la passione per auto e moto: “Riparo rottami”

Bruce Springsteen a settembre festeggerà i suoi 71 anni. Da sette mesi è chiuso nella suo studio in New Jersey dove sta realizzando quello che molti ritengono sarà il suo album più importante dopo “The Rising” che ormai ha quasi venti anni.

Bruce Springsteen durante il concerto “Stand Up for Heroes” al Madison Square Garden (Getty Images)

Per uno che ha scritto “Born to Run” e che ha dedicato alcune delle sue canzoni più belle ad auto e autostrade, Bruce Springsteen rappresenta qualcosa di più di una rockstar di grande successo.

Bruce Springsteen, una leggenda nata sulla strada

Venti album in studio, diciassette tour mondiali alcuni dei quali sono durati quattro anni. Una vita intera sul palco e in studio con la sua band, la E-Street Band, accantonata solo per un breve periodo e poi ricostruita. Un gruppo leggendario, attivo ancora oggi nonostante la scomparsa di alcuni membri leggendari, come Dan Federici e Clarence Clemons. Qualsiasi cosa Springsteen realizzi diventa argomento di discussione e di enorme successo. Il suo ultimo tour teatrale a Broadway, il disco “Western Star” dedicato alle sue radici più country. La sua autobiografia, “Born To Run” – scritta personalmente e senza l’aiuto di ghostwriter o autori famosi – sulla cui copertina ampeggia appoggiato alla sua prima macchina, una Corvette del 1960.

“La pagai circa seimila dollari – racconta oggi Springsteen – qualcosa mi era stato prestato da mia madre, molto arrivava dai concerti che cominciavo a tenere facendomi pagare tra Atlantic City, Asbury Park e il Jersey Shore. Ho sempre amato comprare auto vecchie, autentici rottami, e metterle a posto poco per volta. Costava meno, mi divertiva e mi ricordava che se fosse andata male con la musica avrei pur sempre potuto fare il meccanico come mio padre mi aveva suggerito più di una volta”.

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Una delle prime auto di Springsteen, una Chevy Bel Air Convertible, fu lei a ispirare la canzone “!Born To Run”. Ora è di un fan che l’ha recuperata (Getty Images)

Una rockstar noiosa alla guida

Springsteen ha scritto “Born to Run” ma si definisce noioso alla guida: “Ho avuto splendide auto, alcune delle quali molto veloci. Ma non le ho mai provate in pista e di rado supero il limite di velocità. Negli anni ’80 quando “Born in the USA” divenne un successo mondiale comprai anche alcune Ferrari, fu uno sfizio. Fondamentalmente sono un sostenitore dell’industria automobilistica americana. I miei primi anni di carriera li ho alternati facendo il camionista e le mie prime trasferte, in particolare quella in California – ricorda oggi Springsteen – le ho affrontate dormendo nel cassone di un vecchio fugone pick-up della Ford pieno di strumenti, amplificatori e tavole da surf”.

Springsteen ricorda perfettamente tutte le auto acquistate a inizio carriera: “Non ho comprato auto nuove, per lo meno nei primi quindici anni in cui ho guadagnato, perché non avevo mai più di 10mila dollari sul mio conto. La prima auto nuova arrivò a 32 anni era una Chevrolet Z28 Camaro, la ricordo bene perché mi erano appena arrivate le royalty di “The River” e avevo appena finito il tour mondiale che era durato quasi tre anni. Per la prima volta andai a suonare in Europa e tutto mi sembrava davvero possibile… Mi tolsi la soddisfazione di un’auto che mi rendesse evidente. E guidai fino a casa di mia madre, e in giro per il mio vecchio quartiere mi sentii come se mi fossi comprato una Rolls-Royce in oro massiccio”.

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La copertina dell’autobiografia di Bruce Springsteen “Born to Eun”

Il primo incidente, in moto

In realtà lo stile di guida di Bruce Springsteen, il cui primo mezzo a motore fu una vecchissima Yamaha scassata e arrugginita con la quale ebbe diversi incidenti, è tutt’altro che spettacolare: “I miei soci della band sostengono che io sia un vecchio pensionato alla guida da almeno una quarantina d’anni, dicono che sono noioso, troppo prudente. La verità è che guidare mi rilassa e che amo le auto per quello che sono, un mezzo funzionale al viaggio. Il viaggio è sempre stato alla chiave di tutte le mie canzoni”.

La verità è che il primo incidente se lo ricorda ancora: “Era il 1963 e una pesante Cadillac mi colpì in pieno a un incrocio a quattro isolati da casa mia mentre ero sovrappensiero, fu colpa mia. Rimasi completamente stordito per quasi un’ora, guidavo senza casco. Ci fu un’indagine sulle cause e le conseguenze dell’incidente. Finì in tribunale. Quando mio padre mi portò in uno studio legale, avevo capelli lunghi e basette da fricchettone, l’avvocato mi disse…. ‘magari non è colpa tua, ma conciato come sei per me saresti colpevole’.”

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Bruce Springsteen, venti album in studio e diciassette tour mondiali (Getty Images)

Il viaggio come ispirazione

In moto ha attraversato tutti gli Stati Uniti, spesso in modo solitario e senza avvertire nessuno: “Ho guidato per ore e ore tra Santa Monica e San Gabriel e poi lungo il deserto del Mojave fino alla Angeles National Forest. Ho sempre creduto nel potere terapeutico della strada”.

Tutti di Springsteen conoscono “Thunder Road”, il video di “I’m on Fire” nel quale recita il ruolo di un meccanico che fa il tagliando a una splendida Ford Thunderbird bianca che era proprio del Boss, la divertente “Pink Cadillac” ma c’è una canzone più di ogni altra che rispecchia il suo legame per la strada e le auto. Si intitola “Wreck on the Highway”: “La scrissi nel febbraio del 1980, inizialmente era un brano nel quale non credevo molto. Per “The River” avevo scritto e registrato almeno una cinquantina di canzoni e questa era una delle più malinconiche di tutte: avevo perso un caro amico e mi ero reso conto definitivamente che ero diventato grande, la cosa non mi piaceva”.

Springsteen concretizza la sua insicurezza in uno splendido testo: “Ho immaginato un altro me senza successo e senza soldi, quello che avrei fatto se fossi rimasto un camionista, o un meccanico. Un uomo della mia età affronta la rabbia di doversi confrontare con una vita adulta. Lavora, si spezza la schiena, è una persona frustrata: ma torna a casa dalla sua donna che sta dormendo e la guarda. E dice ‘ho poco tempo, ho poco tempo per amare, vivere, avere dei figli e crescerli bene. Ho poco tempo per fare qualcosa di buono, e devo farlo anche se di me resterà un relitto abbandonato sull’autostrada’.”

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Questa versione di “Wreck on the Highway” fa parte dello splendido concerto tenuto al Madison Square Garden l’11 agosto 2009 (oltre quattro ore di show).

Stefano Benzi

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