Molti non la riconoscono nemmeno come un brano di Elton John, intanto perché è completamente strumentale. E poi perché è lontanissima dalle contaminazioni rock and roll che sono tipiche del musicista inglese.
Si intitola “Song for Guy” ed è inserita in uno dei dischi di maggiore successo di Elton John intitolato “A Single Man”.
Elton John era all’apice del suo successo ma stava vivendo un momento molto travagliato e difficile. Il cantante aveva appena rivelato al mondo la sua bisessualità e il disco precedente “Blue Move”, non uno dei suoi più grandi successi, parlava di questo. Era una riflessione su quanto le mosse più coerenti non fossero il modo migliore per guadagnare il consenso delle persone che lo circondavano. Si tratta del periodo nel quale il suo collaboratore storico, Bernie Taupin, decide di lasciarlo per offrirsi ad altri interpreti.
Bernie, sposato con una donna molto possessiva, cominciava a mal sopportare i comportamenti estremi del cantante che, dal canto suo, rispondeva per le rime. Quando Elton si era presentato a casa di Taupin vestito come un clochard e completamente ubriaco in uno dei suoi momenti peggiori, Maxime – la moglie di Taupin – disse “The Bitch is Back” (la t***a è tornata). Elton la sentì e pretese che il suo paroliere componesse una canzone con questo titolo che diventò uno dei suoi più grandi successi. In tutto questo il cantante si sentiva respinto: sia dal mondo gay che da quello dei normosessuali… e andò incontro a un periodo di profonda depressione.
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Una delle sue compagnie preferite era Guy Burchett, un divertentissimo ragazzo di 17 anni che aveva assunto alla Rocket Records, la sua società editrice, e che incontrava tutti i giorni. Il cantante si intratteneva spessissimo con il ragazzo che era stato assunto come rider. Era perennemente in giro con il suo motorino per recapitare appunti, dischi, contratti e almeno due o tre volte al giorno piombava a casa di Elton divertendo il cantante con le sue storie personali che riguardavano la madre, la sorella – perennemente alla ricerca dell’amore giusto della sua vita – o i suoi amici.
Guy era un grande tifoso del Watford, la società di calcio di cui Elton John era proprietario e presidente e che stava portando al grande successo. Fu Guy a suggerire al musicista di vestirsi con un elegante completo da lord per la copertina di “A Single Man” dicendogli “tu sei più elegante e meno pagliaccio di quei c******i à fuori”. E fu sempre Guy a lucidargli la Jaguar XK140 che il cantante guidava malvolentieri e che invece secondo il rider lo rendeva “il più figo del mondo in assoluto”. L’auto, soprannominata red passion, diventò la protagonista della copertina interna del suo album.
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A disco ultimato mancava solo una traccia: il lato A era molto più lungo del lato B e senza il suo produttore storico Gus Dudgeon o Bernie Taupin che gli offrissero un’idea narrativa, Elton si trovava in grande difficoltà. Una domenica mattina il rocker si sveglia vittima di una sbronza colossale: era anche caduto battendo la testa e per qualche secondo era svenuto. Il suo maggiordomo lo aveva alzato a fatica e il cantante continuava a ripetere di avere avuto la netta percezione di fluttuare nell’aria per qualche secondo, guardando incuriosito il suo corpo a terra. Lo scotch fa anche questi effetti.
Elton, per nulla sobrio, si mette al pianoforte e inizia a registrare una serie di accordi, una melodia lenta e dolce, che non ha in alcun modo la struttura di una canzone tradizionale. La registrazione dura quasi sette minuti e viene interrotta dal campanello d’ingresso della villa dove viveva da solo, con maggiordomo e cameriera. Sul nastro originale della registrazione si sente nitidamente sia il campanello che il chiacchiericcio del personale. Poi il silenzio…
Gli portano una tragica notizia: il suo rider, Guy Burchett, è morto nella notte in un incidente motociclistico non lontano da casa sua. Pare stesse andando da lui per portargli il provino definitivo della copertina del nuovo album.
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Una Rolls Royce della collezione di Elton John venduta nel 2001 (Foto: Elton John Ltd)
Elton, sconvolto, prende il nastro della canzone, va in studio convocando due suoi musicisti: inserisce un loop di batteria elettronica, una traccia di basso, armonizza la sua melodia con mellotron e pianoforte elettrico, incide e masterizza. In sei ore la traccia è finita. Con il pennarello scrive sulla bobina “Song for Reg”, un brano scritto per se stesso (Elton John si chiama Reginald in realtà), per lenire un grande dolore. Poi ci ripensa: tira una riga e sostituisce Reg con Guy.
Il suo rider tragicamente scomparso diventa il protagonista di una delle sue canzoni più belle e forse meno ricordate del suo repertorio. La eseguirà molto di rado e solo per pochi eventi speciali: a casa di Lady Diana, che la amava molto, e ai funerali di Stirling Pennington, suo grande amico. Non sapendo che cosa incidere come testo Elton John decide che la canzone sarà un brano strumentale anche se nella sua parte conclusiva lo si sente sussurrare più volte la frase “life isn’t everything”, la vita non è tutto. È una delle pochissime canzoni firmate unicamente da Elton John, senza alcuna collaborazione.
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Una meravigliosa e rarissima versione live di “Song for Guy” eseguita dal vivo piano-solo da Elton John a Top of The Pops nel 1978.
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