Ponte Morandi non si dimentica. I genovesi non hanno alcuna intenzione di dimenticare quella che è stata una delle più grandi tragedie della città: 43 vittime.
Alle 11.36 del 14 agosto di due anni fa, mentre sulla città si stava abbattendo un furioso temporale, il cavalcavia sul Polcevera costruito dalla Condotte e che portava il nome del suo architetto, inaugurato 51 anni prima, crollava.
Quasi 250 metri di asfalto e cemento collassano al suolo in corrispondenza del pilone #9 e precipitano dai 90 metri di altezza del viadotto sulla vallata sottostante tra altre strade trafficate, capannoni e case popolari: muoiono 43 persone.
Genova per alcuni giorni resta letteralmente paralizzata dal dolore e dallo shock. Sono momenti di grande tensione in città che si ricompongono con enorme difficoltà. Ai funerali di alcune delle vittime (solo 19, gli altri alcuni preferiranno esequie private), celebrati dal cardinale arcivescovo di Genova Bagnasco alla Fiera di Genova, molte autorità vengono fischiate e contestate. Diversi familiari delle vittime respingono i funerali di Stato e le visite ufficiali dei politici. Alle esequie partecipano decine di migliaia di persone affollate tra i padiglioni della Fiera e il quartiere della Foce. Alla giornata, dichiarata prima di lutto cittadino e poi di lutto nazionale, tutta la città si ferma alle 11.36 in punto per un interminabile minuto di silenzio nel corso della quale risuonano tutte le sirene della città. Quelle del porto vecchio e del nuovo VTE, del Porto Petroli e delle acciaierie, delle fabbriche: camion, traghetti, navi italiane e straniere.
La stessa cosa accadrà oggi con migliaia di genovesi che a Genova, e in ogni parte del mondo dove i zeneixi vivono per motivi di famiglia e lavoro si fermeranno per un minuto: alle 11.36 in punto.
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Sono giornate di grande tensione e polemica che coinvolgono i gestori del viadotto, i vertici di Autostrade per l’Italia, ma anche il governo con il presidente del consiglio Giuseppe Conte che visita più volte la città, il luogo del crollo, le persone miracolosamente rimaste in vita e i 566 sfollati del quartiere popolare sottostante il viadotto che verrà sgomberato e rimosso poco prima della demolizione del ponte completata con l’implosione del 28 giugno dello scorso anno.
Uno dei portavoce del presidente Conte, Rocco Casalino deve giustificare una sua chiacchierata al telefono nella quale si lamenta del fatto che il crollo “gli abbia fatto saltare il Ferragosto”. I vertici di Autostrade vengono contestati a più riprese. Così come il ministro delle infrastrutture e trasporti Danilo Toninelli. Attaccato molto duramente dalla popolazione sia personalmente che sui social, Toninelli verrà rimosso dal suo incarico.
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La città resta paralizzata in un traffico devastante dopo tutti i mezzi, civili, pubblici e pesanti. Tutti si devono riversare sui quartieri a mare, lungo la vecchia Aurelia che da ponente porta al centro. Occorrono settimane prima che Genova abbia una bretella in grado di alleggerire il traffico verso la sopraelevata ma per la città sono momenti drammatici. Aziende che chiudono e perdono clienti, logistica dei due poli portuali della città completamente stravolta e in crisi.
Il progetto del nuovo ponte, regalato dallo studio dell’architetto genovese Renzo Piano alla città e costruito a tempo di record dal consorzio diretto dal sindaco della città, Marco Bucci, nominato commissario, vede la città a poco a poco reagire e ripartire fino all’innalzamento dell’ultimo campata del nuovo ponte, la diciannovesima della struttura sospesa lungo 1067 metri e a 45 metri d’altezza, molto più bassa rispetto al viadotto precedente. Il nuovo viadotto si chiama “Genova San Giorgio”: la cerimonia inaugurale si tiene in forma ufficiale, sempre nel ricordo delle 43 vittime il 3 agosto.
Le indagini destinate ad accertare le responsabilità del crollo proseguono da due anni. Si ipotizzano responsabilità individuali e aziendali di chi amministrava il vidotto. Ma, almeno per ora, non c’è alcun procedimento giudiziario.
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