L’Afghanistan è un paese che è reduce da decenni di terribili violenze. Scontri politici, religiosi, attentati, guerre civili.
Le macerie si alternano a palazzi ancora in piedi ma feriti da proiettili e colpi di mortaio. Ma le ferite più gravi sono quelle sociali. Quelle che possono anche non rimarginarsi mai.
Afghanistan, dove le donne non possono fare sport
Ci sono paesi dove le donne vivono in uno stato di assoluta sottomissione: non possono uscire di casa, non possono studiare, non possono essere indipendenti. Gli è vietato guidare. Anche fare sport non è consentito, non secondo il modello occidentale. La donna deve vestirsi secondo la tradizione e se questo le impedisce qualsiasi prestazione sportiva apprezzabile… pazienza.
In Afghanistan le regole non sono severe come in Iraq o in Pakistan dove ogni giorno si legge di donne picchiate o addirittura uccise dai mariti o dai padri che rifiutavano la loro volontà di autodeterminazione. Ma quello che sta cercando di fare una giovane di soli sedici anni va al di là della comprensione di molti uomini del paese e viene considerato un tentativo coraggioso e molto rischioso.
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La storia di Negin, motociclista di 16 anni
Questa ragazza si chiama Negin Afshar. Il suo sogno è quello di diventare una pilota di motocross. Nata e cresciuta nella capitale del paese, Kabul, Negin è una ragazza molto fortunata e di talento. La sua passione, da sempre, sono le motociclette: da ragazzina aveva iniziato con l’atletica leggera. Il suo simbolo era Tahmina Kohistani, l’unica atleta afghana presente a Londra 2012 quando correva con pantaloni lunghe e braccia coperte e foulard in testa. Ma mentre si allenava sulle polverose piste di atletica dell’unico impianto sportivo della sua zona, riservato per due sole ore al giorno alle donne, Negin in realtà sognava la libertà di una moto. Una passione ereditata dal padre che aveva avuto da ragazzo qualche esperienza di motocross in un paese che non ha alcuna pista, né un team ufficiale.
Negin si allena con la vecchia moto del papà, incoraggiata dai suoi genitori – un caso più unico che raro – su e giù per i pendii che circondano Kabul, nelle cave abbandonate intorno alla città e lungo le piste sterrate dei villaggi della periferia. Indossa un casco bianco e una tuta nera e rossa e si allena con ragazzi – tutti maschi – poco più giovani di lei.
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“Voglio essere ispirazione per le altre donne afghane”
“Quando ho capito che potevo fare motociclismo e che avevo talento mi sono dedicata con tutta me stessa a questa disciplina anche per ispirare altre donne afghane e dimostrare che anche loro possono praticare questo sport”. Negin prova quattro, cinque ore al giorno. Non ha un allenatore: è un’autodidatta che, secondo alcuni scout che sono andati a dare un’occhiata a questa piccola comunità di centauri senza pista né sponsor, ha davvero talento.
Sua madre è preoccupata perché teme che la sua passione potrebbe essere un rischio. In Afghanistan, proprio due giorni fa, un gruppo di ragazze che si stavano allenando per alcune gare di ciclismo – il loro sogno era rappresentare il paese alle prossime Olimpiadi – è stato fermato da un gruppo di radicali religiosi che hanno sequestrato, demolito e incendiato le loro bici.
Da un paio d’anni il movimento talebano si sta dimostrando meno duro, più tollerante, soprattutto nei confronti delle donne e dello sport. Ma il processo è estremamente lento.
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Una speranza per un paese che ama le moto
Negin risponde con la maturità di un adulto e la responsabilità di un portavoce politico a chi le chiede se questi diritti cancellati per anni potranno tornare: “InshAllah – dice, se Dio vuole – il nostro governo sta assumendo posizioni più tolleranti e non si lascia più determinare dai talebani come prima. Ma sappiamo che ogni volta che usciamo in moto rischiamo. Se gli integralisti vorranno violare i nostri diritti ci alzeremo in piedi e resisteremo. Io amo il mio paese, non lo voglio lasciare e voglio essere utile qui”.
In Afghanistan ci sono centinaia di migliaia di moto. Tutte molto vecchie e malridotte per lo più. Solo a Kabul sarebbero oltre 130mila, ma la cifra precisa non la conosce nemmeno il ministero dei trasporti.
Di Negin ha parlato recentemente con un video documentario girato a Kabul l’agenzia internazionale Reuters che ha intervistato sua madre, Frishta Afshar, direttrice del comitato femminile di una Federazione nazionale motociclistica dell’Afghanistan che conta pochissime iscritte: “Molte persone non sono d’accordo su quello che stiamo cercando di fare ma dobbiamo anche dire che tanti nel nostro paese sono felici, e ci incoraggiano. Negin è brava e coraggiosa ma soprattutto è una ottima motocislista. Noi vogliamo sostenerla e aiutarla a perseguire il suo sogno”.
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