Marc Marquez ha spiegato cosa lo ha portato alla decisione di non gareggiare nel MotoGP Andalusia a Jerez de la Frontera
I piloti, cantava Ivano Fossati, non portano mai pensieri pesanti perché sarebbero tutto carico in più. Parlava dei piloti di aerei, ma vale anche per chi sfida il pericolo e la gravità a 300 km/h e oltre su una MotoGP. Vale anche per Marc Marquez, tornato sul luogo della caduta, a Jerez de la Frontera, a una settimana dalla caduta e dalla tripla frattura all’omero, con un carico di dubbi e aspettative impastate insieme. Con la voglia di capire dove fosse la linea del limite.
Ha provato a scendere in pista con la fasciatura rigida al braccio. Ha percorso 18 giri nella terza sessione di libere, si è messo alla prova nella quarta, si è arreso solo nel giro di lancio in qualifica. “Dal momento dell’operazione, martedì scorso, sono sempre stato realista” ha detto a Sky Sport. “Ho provato a capire il mio corpo, a muovere il braccio. Ho capito che avrei potuto provarci e sono contento di averlo fatto, altrimenti alla fine mi rimaneva il rimpianto“.
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La passione ti porta a provarci sempre, ha detto lo spagnolo: non si è campioni nello sport per caso. Ma questo pomeriggio, ha aggiunto, “ho sentito subito che succedeva qualcosa, non so se era un nervo ma il braccio rimaneva senza forze. Ho capito che diventava pericoloso”.
Resta ottimista e consapevole, si è fermato quando ha capito che la situazione avrebbe potuto rappresentare un pericolo per sé e pet gli altri. Ha ringraziato i dottori e i fisioterapisti. Continua a ripensare alla sua scelta e al futuro con la tranquillità di chi conserverà più ricordi che rimpianti. Di quelli per cui provarci e soffrire è comunque meglio che non tentar nemmeno. Tra amarsi e lasciarsi e non essersi mai incontrati, cosa sceglierebbe è chiarissimo. Adesso, conclude, “inizierò a lavorare per essere pronto per Brno”.
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