Lo straordinario secondo posto di Verstappen ha meriti ben precisi. Quando il pilota della Red Bull si è sciaguratamente spalmato fuori dalla pista danneggiando l’avantreno sinistro e il braccetto della sospensione e dello sterzo sembrava non ci fosse nulla da fare.
Ma a stavolta a mettergli le ali sono stati i meccanici che hanno realizzato un vero miracolo. Sistemando le parti danneggiate e riportando la macchina in pista in tempo utile per la partenza Verstappen ha completato un capolavoro alle spalle dell’irraggiungibile Lewis Hamilton.
Poche altre volte forse un episodio ha sottolineato più di questo quando la Formula 1 sia comunque una competizione di squadra. Spesso si è sottolineata la mancanza di meccanici che sbagliano la gomma, stringono male il dado, non fissano in modo appropriato un alettone. E costano la vittoria in un Gran Premio. Ma in questo caso va sottolineato il fatto che a fare la differenza sono stati proprio i meccanici. Giusto che Verstappen lo abbia sottolineato fin dall’on board radio al termine del Gran Premio ringraziando “i suoi angeli” ai box per come avevano rimediato al danno che aveva provocato.
Un vero capolavoro di squadra completato in pochissimo tempo, un’impresa ancora più significativa dei pit stop che tra rabbocco e cambio gomme non impiegano più di dieci secondi.
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Ogni scuderia ha uno staff di meccanici che ruota attorno alle due vetture di ogni team. Difficile dare numeri precisi perché si tratta di squadre che spesso cambiano nel corso della stagione: la Red Bull, per esempio, ha circa 700 meccanici a libro paga che però si dividono tra tutte le gare della scuderia e dunque molto al di là della Formula 1. Alcune figure, soprattutto a livello dirigenziale o per esempio per quanto riguarda magazzino e logistica, lavorano per entrambe le vetture e i piloti. Ma altri sono impegnati in esclusiva per ogni singolo driver. Se pit stop coinvolge una squadra di quattordici meccanici specializzati, possiamo dire che il personale tecnico di ogni scuderia per un gran premio è di non meno di cinquanta persone.
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Personale altamente specializzato che preferisce tutte le incertezze di un lavoro stagionale e fortemente legato ai risultati al tranquillo tran tran di una normale officina. I meccanici che ruotano attorno alla Formula 1 sono circa duemila, un terzo dei quali impegnati tappa dopo tappa per tutta la stagione. La maggior parte di loro ha un contratto stagionale a meno che non siano di grande esperienza e specializzati, in quel caso vengono legati alla scuderia per periodi anche mediolunghi.
Un apprendista poco più che vent’enne entra con uno stipendio di circa 20mila dollari all’anno. Se è bravo e fortunato lo duplicherà in cinque anni. Per arrivare anche a 60-70mila dollari all’anno dopo una decina di anni di attività di trincea, tra officina e box. Alcuni commentatori hanno calcolato quanto è costata l’operazione chirurgica allo sterzo e al braccetto sinistro anteriore di Verstappen: tra pezzi e mano d’opera specializzata si parla di un intervento da 250mila dollari. Ma il danno se l’auto non avesse partecipato al Gran Premio, e non solo per quanto la Red Bull ha incassato dal secondo posto, sarebbe stato fortissimo in termini di mancata esposizione e di danno commerciale con gli sponsor.
Se ci si pensa parliamo di meccanici che nella migliore delle ipotesi guadagnano 50mila dollari all’anno, maneggiano materiale per decine di milioni di dollari a ogni gran premio e accontentano piuloti che guadagnano, come Verstappen, 400 volte più di loro. Ma vivono per 180 giorni all’anno la F1, viaggiano e maturano un’esperienza unica, la migliore possibile per chi fa il loro mestiere.
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