Lewis Hamilton ha scavalcato il calciatore nella classifica degli sportivi più ricchi e popolari: ma prosegue la sua crociata contro un razzismo silenzioso e subdolo
A distanza di alcune settimane dalle sue dichiarazioni sull’omicidio di George Floyd, l’afroamericano ucciso negli Stati Uniti durante un arresto di polizia che ha scatenato violentissimi scontri di piazza, Lewis Hamilton torna sull’argomento.
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Hamilton non perdona i razzisti della prima ora
Lo fa con una lunga intervista al Sunday Times e per sottolineare alcuni aspetti che lo hanno visto al centro dell’attenzione non solo per la sua attività di pilota o per il contratto con la Mercedes, non ancora rinnovato. “La cosa che mi ha dato forse più fastidio in assoluto – ha detto Hamilton – è stato quando molti fan si pitturavano la faccia di nero e si scrivevano sulla maglietta ‘Hamilton Family’ solo per testimoniare il loro affetto o la loro vicinanza. In realtà l’ho trovato un gesto volgare e irrispettoso. Non molto lontano da una stupida presa in giro”.
Hamilton ammette le difficoltà incontrate all’inizio, in un paese in cui modello sportivo era David Beckham: “Inizialmente dicevano ‘britannic… but….’ come dire che ero sì nato in Gran Bretagna ma potevo essere considerato britannico solo fino a un certo a punto. Gli episodi di bullismo subiti da bambino, quando all’inizio delle mie gare in kart mi chiedevano perché non facessi i 100 metri o mi lasciavano banane vicino al mio casco mi hanno segnato. Ma anche spinto a dare il massimo”.
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Il razzismo resta un problema serio anche in Gran Bretagna, non solo nei confronti della gente di colore ma anche di chi arriva in città dalle campagne o per chi da Galles e Scozia scende in Inghilterra: “C’è un’accettazione implicita di questi pregiudizi che è andata avanti per troppi anni – dice Hamilton – e onestamente non so cosa aspettarmi in questo prossimo Mondiale. Se mi aspetto qualche reazione negativa di fronte alla mia presa di posizione? Certo, direi anche che c’è già stata e che forse dovrò farci l’abitudine. Ma questo non mi farà né abbassare la guardia né tornare sulle mie decisioni”.
Il sei volte campione del mondo di 35 anni accusa l’Inghilterra, e soprattutto la scuola, si ipocrisia: “Siamo tutti pronti a condannare rumori di scimmie e banane lanciate a calciatori neri in modo formale, ma quando si tratta di affrontare questioni razziali alla base, a cominciare dalle scuole, il potere rimane al silenzio. La considera una battaglia pericolosa perché rischia di alienare dei voti. Questo è uno dei casi in cui restare neutrali è come essere contro”.
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“Anche la stampa è cambiata nei miei confronti”
L’atteggiamento dei media dopo la sua alzata di scudi è radicalmente cambiato: “Mi fanno domande diverse da quelle che fanno i miei concorrenti, implicitamente questa vicenda continua a venire fuori e continuerà a venire fuori, indipendentemente dai mei risultati. Mi chiedono se mi inginocchierò davanti alla mia macchina in Austria. Come se questo facesse la differenza. Interverrò personalmente con le attività della mia fondazione e lo farò in modo concreto, aiutando le scuole e le comunità. E lo farò per me non per sottolineare la mancanza di altri o per fare bella figura”.
Nel frattempo quest’anno Lewis Hamilton ha superato, e di un bel po’, David Becham come sportivo britannico di maggior successo e più ricco di tutti i tempi”