Tanti appassionati di Formula 1 avranno sicuramente visto il film ‘Rush’ che racconta la grande rivalità tra Niki Lauda e James Hunt. Una pellicola che ha avuto un buon successo.
Se molti tifosi già conoscevano la storia dei due ex piloti, i più giovani hanno avuto modo di conoscerla attraverso il film. Sicuramente il personaggio di Hunt colpisce molto, essendo decisamente fuori dagli schemi per il suo approccio alla F1.
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Proprio oggi 15 giugno ricade il 27esimo anniversario della morte di Hunt. Ad agosto avrebbe compiuto 46 anni, ma un attacco cardiaco pose fine alla sua vita mentre si trovava nella sua casa di Londra. Gli eccessi con il fumo e l’alcool hanno sicuramente inciso.
Soprannominato Hunt The Shunt (“Lo schianto”) per i suoi frequenti incidenti, era arrivato in F1 nel 1973 dopo aver fatto la gavetta prima nei campionati minori e poi sia in Formula 3 che in Formula 2. Proprio lì erano nate le prime battaglie con Lauda. Aveva talento, però era una testa calda ed era stato fondamentale l’incontro con il ricco Lord Alexander Hesketh, che lo supportò, per evitare che i sogni di gloria terminassero in anticipo.
L’esordio in Formula 1 avviene nel Gran Premio di Monaco, dove alla guida di una March 731 finisce per ritirarsi. Dopo il sesto posto in Francia e il quarto in Gran Bretagna, in Olanda arriva il primo podio. Chiude terzo a Zandvoort. Seconda posizione, invece, nell’ultimo GP negli Stati Uniti.
Dopo altri tre podi nel 1974, è nel 1975 che arriva la prima vittoria sul circuito di Zandvoort. Chiuderà la stagione con il quarto posto finale in un campionato vinto da Lauda con la Ferrari. Hunt ha voglia di vincere il titolo, ma rimane senza team a causa di problemi finanziari. Riesce comunque a farsi ingaggiare dalla McLaren nel 1976.
Al primo anno con la scuderia di Woking riesce a conquistare la corona iridata di F1. Un successo avvenuto a discapito del suo grande rivale Lauda, che in quella stagione fu protagonista del tragico incidente al Nurburgring che quasi gli costò la vita.
L’austriaco era in netto vantaggio in classifica, ma la sua assenza ai successivi gran premi permisero all’avversario di recuperare gran parte dello svantaggio. L’epilogo finale fu il Gran Premio del Giappone sul circuito del Fuji corso sotto una pioggia torrenziale. Al secondo giro Lauda (rientrato a Monza) decise di fermarsi ai box ritirandosi dalla gara per evitare rischi. Il driver della McLaren proseguì e ottenne il piazzamento necessario per aggiudicarsi il titolo.
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L’inglese corse con il team di Woking per altri due anni, conquistando altre tre vittorie e dei podi, ma senza riuscire ad ambire più al titolo. La sua vita sregolata, fatta di alcool e donne, non gli permise di concentrarsi sulle corse. Nel 179 disputò ebbe un’ultima avventura alla Wolf, sostituendo Jody Scheckter, gareggiando in sette gare e mettendo assieme ben sei ritiri.
Dopo il Gran Premio di Monaco annunciò il suo ritiro e dichiarò: “Lascio ora e definitivamente perché nel mondo della F1 l’uomo non conta più!“. Conclusa la vita da pilota, è diventato un telecronista e opinionista prima di morire a causa di un infarto a Londra. Oggi sono 27 anni senza Hunt, che probabilmente adesso è lassù assieme al suo amico-rivale Lauda a parlare ancora delle loro sfide.
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