Negata la possiblità a Jorge Lorenzo, neo collaudatore della Yamaha, di tornare in pista nella stagione che inizierà tra qualche mese: non sono ammesse wild card, secondo la decisione presa dalla Grand Prix Commission.
Pochi mesi fa, alla vigilia dell’ultima gara stagionale, Jorge Lorenzo aveva sorpreso tutti arrivando ad annunciare di voler appendere il casco al chiodo. Una decisione per molti inaspettata, soprattutto in considerazione della sua età che gli avrebbe permesso di rendere al meglio in pista ancora per qualche anno, ma la delusione per non essere riuscito a rendere al massimo con la Honda era troppo forte per uno come lui che ama dare il 100% sempre. Ma l’orgoglio aveva prevalso, pur avendo ancora un contratto che gli avrebbe permesso di gareggiare per un’altra stagione.
Erano bastate però solo poche settimane però per il dietrofront, maturato con la scelta di accettare la corte di un team a lui caro, la Yamaha, che aveva scelto di affidarsi a lui per il ruolo di collaudatore. Una mossa più che comprensibile per una realtà come quella nipponica che ormai da qualche anno non riesce a essere competitiva ad alti livelli nella classe regina, ma nata con l’idea di poter fare affidamento sull’esperienza del maiorchino.
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Jorge Lorenzo e un ritorno in pista che non ci sarà
Ma le novità non erano finite qui. Il cinque volte campione del mondo si era infatti detto entusiasta all’idea di poter sfruttare le due wild card a sua disposizione e poter dimostrare di non avere ancora niente da inviduare ai colleghi.
Il Coronavirus si è però messo di mezzo e gli impedirà di comentarsi in sella alla sua moto. Il calendario, in virtù dell’evoluzione della pandemia, deve essere infatti ancora ridefinito e questo impedirà alle scuderie di poter avere deroghe alla presenza dei piloti in pista. Come indicato dal quotidiano spagnolo Marca, la decisione è stata presa di concerto da Grand Prix Commission, che racchiude FIM, costruttori e team e sarà valida per l’intero campionato. Un brutto colpo da digerire per lo spagnolo, che aspirava almeno a poter gareggiare in patria, in occasione della gara al Montmelò di Barcellona.
L’intento che ha portato al divieto è però da non sottovalutare: si punta infatti a ridurre al minimo il numero di persone presenti nel paddock, compresi meccanici e colladudatori.
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