Ecco cosa c’è da sapere sulla possibile trasmissione sul coronavirus attraverso l’aria condizionata dell’auto, ma anche dei mezzi in generale
Nonostante il coronavirus, milioni di italiani, più degli altri anni, aspettano con impazienza l’arrivo dell’estate con la speranza di debellare il contagio. Molti esperti parlano del caldo come possibile via di uscita da questa pessima situazione. Nonostante ciò, si riflette sulla possibilità che l’aria condizionata possa nuocere in termini di contagio. Diverse sono le ipotesi fornite in merito.
“Si ipotizza che l’aria condizionata possa aerosolizzare il virus e poi trasmetterlo a distanza. Ad ora non c’è nulla di scientificamente provato” afferma Giovanni Rezza, direttore dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). In Cina ed in Corea del Sud però stanno attuando i primi studi che vanno a scandagliare un po’ quello che potrebbe succedere.
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Aria condizionata in auto, lo studio cinese
In Cina è stata analizzata una serie di contagi probabilmente avvenuti in un ristorante di Guangzhou. Questo a causa di una donna di 63 anni che, dopo essersi recata lì lo scorso gennaio, è risultata positiva al coronavirus. Nelle due settimane successive, altri nove clienti si sarebbero ammalati tra cui 5 commensali. Tutte le persone contagiate siedevano al tavolo della persona infetta o in uno di quelli prossimi alla linea del condizionatore in una stanza senza finestre. Lo studio comunque è stato fatto in maniera grossolana. Non sono stati infatti eseguiti esperimenti per simulare la trasmissione aerea. Inoltre, i 6 campioni prelevati dal condizionatore d’aria sono risultati negativi.
Lo studio coreano
Lo studio in Corea del Sud è stato condotto presso un call center in un palazzo a 19 piani. Una persona che lavorava nell’edificio, lo scorso 8 marzo, è stato trovato positivo al covid-19. Da lì è stato fatto il test su 1.143 persone e trovati 97 casi da coronavirus. Di questi, ben 94 lavoravano al call center sito all’undicesimo piano. Se calcoliamo che i dipendenti totali sono 216, riscontriamo un tasso di prevalenza del 43,5%.
Dai due studi, dice sempre Rezza, è emerso che “I problemi potrebbero essere i flussi d’aria creati dai dispositivi perché potrebbero spostare queste goccioline più lontano da quello che è il metro di distanziamento”. Questo però, tiene a precisare il medico, è stato un caso eccezionale e non è l’aria condizionata in sé a portare il virus.
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