Negli anni ’80 chi aveva un gruzzoletto da parte poteva sognare auto veloci e anche molto belle da vedere che rispondevano all’esigenza di una certa presenza scenica, più che a sobrietà ed eleganza. Con motori da 130 cavalli, non meno….
Se le auto sportive piccole sono quelle che suscitano più simpatia, gli anni ’80 sono stati prodighi di modelli sportivi estremamente spinti anche tra le auto di segmento medio: le cosiddette “auto pop”. Vetture nate come due volumi, rigorosamente rivolte a un pubblico maschile e borghese, riuscirono a ottenere il grande successo anche nella versione più aggressiva diventando, a modo loro, uno status symbol e un fenomeno di costume.
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Anni ’80: voglia di velocità, la Golf
La Volkswagen fu forse la prima casa in assoluto che intuì un’anima sportiva nell’auto più popolare che aveva in repertorio. La Golf: i primi ingegneri e designer che decisero di studiare qualcosa di alternativo alle solite motorizzazioni popolari decisero di esagerare, e nacque la Golf GTi, dove la ‘i’ curiosamente stava per iniezione ma parecchi anni prima che nascesse la cosiddetta iniezione elettronica. La prima versione, primi anni ’80, aveva una linea appena un pochino più aggressiva dell’originale con una maschera sportiva e qualche rilievo rosso oltre al marchio GTi in bella evidenza. L’apparenza giocava molto più della sostanza sostanza che si appoggiava su un motore da 112 cavalli che certo non poteva decollare visto che la macchina era comunque abbastanza pesante e squadrata. Meglio andò con la seconda versione da 136 cavalli che tuttavia era carissima e puntava a un segmento di pubblico decisamente più alto.
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La 205 risponde con 130 cavalli
Quando la Peugeot si trovò a dover rinnovare completamente un listino ormai stanco e noioso, arrivò la 205 che era la riposta della casa del leone alla Golf e alla Volkswagen. “Ricordiamoci che siamo la patria della Matra”, disse il capoprogetto della 205 sportiva che poi si chiamò GTi, proprio come la Golf.
I francesi scelsero di investire sul motore: e invece che puntare su un turbo di dimensione ridotte o su un sedici valvole la cui potenza era tutta da dimostrare, progettarono due motori nuovi di zecca. Un 1,6 da 105 cavalli, che poi diventarono 115 ma soprattutto il 1,9 da 130 CV che era qualcosa di spettacolare. I designer, forti del fatto che la macchina piacevano e che con un paio di maschere e di borchie la vettura ne sarebbe uscita rivoluzionata, crearono un mezzo davvero rivoluzionario che nel rapporto qualità-prezzo-prestazione si è dimostrata forse la miglior sportiva in senso assoluto di quegli anni.
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La Civic, cattiva e sfrontata
Con una scuderia corse perennemente impegnata in progetti molto estremi, la Honda si decise a proporre – un po’ tardi per la verità – una versione della sua urban car per eccellenza, la Civic, che provasse a vivere di potenza e prepotenza. Nacque la versione Type-R grazie a un motore a fasatura variabile V-Tec che per elasticità e cattiveria non era secondo a nessuno. La prima versione aveva 131 cavalli ma la macchina aveva un tiro da paura e continuava a erogare potenza anche a regimi molto alti. Assetto leggermente ribassato, spoiler pronunciate, colore molto aggressivo. Era una bella auto che ebbe più fortuna sul mercato americano che in quello europeo.
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Fiesta: 133 cavalli per un turbo pop
La risposta americana alle sportive europee e giapponesi fu la Ford Fiesta, parecchie generazioni prima che la casa statunitense si decidesse addirittura a presentarsi a un mondiale rally. La Fiesta fu la prima vera auto cittadina che investì in una versione turbo che era la nipotina del progetto Il progetto portò il motore alla sua massima espressione con la bellezza di 133 cavalli. Consumava come una bestia, era rumorosa e a volte un po’ troppo nervosa nella risposta alla guida ma l’accelerazione era da vera auto sportiva e la guida richiedeva rispetto e attenzione perché in un attimo ti trovavi spalmato sul guard-rail.