Si chiamava Enola Gay, come la madre del comandante che lo pilotò fino a sganciare la bomba atomica su Hiroshima: è rimasto nella storia come uno degli aerei più importanti di sempre: ma gli americani lo ricordano con un certo imbarazzo
“Si può vincere una guerra drammatica e non essere orgogliosi del modo in cui la si è vinta. Abbiamo fatto quello che si doveva fare”. Dwight Eisenhower commentò così poco prima di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti il bombardamento atomico di Hiroshima. Fu la cosa da fare per chiudere la guerra e fu, dicono molti americani, una risposta adeguata all’attacco a sorpresa di Pearl Harbour che scatenò il conflitto tra Giappone e USA. Ma ancora oggi gli Stati Uniti pensano a quei fatti con imbarazzo, quasi con un senso di fastidio.
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Enola Gay: It shouldn’t ever have to end this way?
Trentacinque anni dopo la bomba di Hiroshima un gruppo techno pop americano poco conosciuto, gli Orchestral Manovreus in the Dark lanciò il successo “Enola Gay” che parlava di una scelta, di una bomba, di qualcosa che forse non sarebbe dovuta finire in quel modo. Chiedendosi se una madre, fosse orgogliosa del suo ragazzo, il suo Little Boy. Pochi nel mondo conoscevano questo dettaglio che riportò d’attualità il secondo conflitto mondiale e la bomba atomica.
Enola Gay era la madre del comandante Paul Tibbets, il pilota che il 6 agosto del 1945 coordinò il volo che si concluse con la bomba atomica su Hiroshima. E proprio in omaggio alla madre Tibbets decise di chiamare il suo aereo Enola Gay. L’aereo era un Bombardiere B29, un Superfortress: un mezzo lento pesantissimo e nato per trasportare quantitativi immensi di bombe attrezzato anche con armi leggeri per il combattimento in volo e con strumenti telemetrici per riprese foto e video. L’Enola Gay era una delle ‘fortezze volanti’ dell’aeronautica americana. Dopo Hiroshima fu usato pochissimo. Gli Stati Uniti lo ritirarono ufficialmente da qualsiasi missione operativa per capire in che modo la polvere atomica e l’onda d’urto lo avessero investito e danneggiato.
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Un aereo ingombrante
Prodotto dalla Boeing, l’Enola Gay volò pochissimo: Hiroshima fu di fatto la sua unica missione. Tibbets lo scelse personalmente quando era ancora nei capannoni della fabbrica di Bellevue, Nebraska, ed era appena stato allestito. L’unica modifica sul progetto iniziale fu l’allestimento di una serie di torrette equipaggiate con cannoni di piccolo calibro e mitragliette. Per il resto l’aereo aveva due sole necessità. Essere quanto più autonomo possibile sotto l’aspetto del carburante a disposizione e allontanarsi quanto più velocemente dopo lo scambio.
“È come chiedere a un fottuto camion di fare Indianapolis” fu il commento di Tibbets quando gli spiegarono che per evitare di essere inceneriti dall’onda d’urto l’aereo dovesse andare a velocità massima e sperare nel vento. Dopo otto voli di prova l’Enola Gay, in codice Victor 82 si unì ai mezzi d’appoggio del VI Bombardieri per sganciare la bomba, il Little Boy (di qui la citazione della canzone), un ordigno da quasi cinque tonnellate. Il nome Enola Gay fu disegnato sulla livrea del B29 da Allan L. Karl, un aviere del 509 che era famoso per le caricature dei piloti sulle carlinghe e sulle fusoliere degli aerei.
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Missione compiuta
I calcoli degli ingegneri e degli artificieri furono drammaticamente perfetti: sgancio alle 8.15 del mattino da quota 9.470 m. Dando piena manetta sia Enola Gay che il velivolo d’appoggio riuscirono a volare per quasi 19 chilometri. L’onda d’urto che non li danneggiò. Alle 15 in punto gli aerei tornarono alla base di Tinian dopo 12 ore e 13 minuti di missione. Tibbets fu subito insignito dell’onorificenza che di solito veniva assegnata a chi sopravviveva a missioni di carattere quasi suicida,la Distinguished Service Cross.
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La fine dell’Enola Gay
Il libro di volo dell’Enola Gay non riporta altre missioni. In realtà l’aereo partecipò anche al bombardamento di Nagasaki ma solo come aereo d’appoggio e sempre con Tibbets al comando. Dopo un periodo di studio venne trasferito allo Smithsonian per essere studiato. Poi, dopo essere diventato oggetto di interesse di gite scolastiche e ricerche universitarie fu fatto a pezzi e trasferito nel magazzino dello Smithsonian a Suitland, nel Maryland, nel 1961.
I veterani americani volevano renderlo un pezzo da museo, un motivo d’orgoglio nazionale. Ma con quell’aereo gli Stati Uniti non hanno mai completamente fatto la pace.
Nel 1995, quando la sua cabina di pilotaggio fu ricostruita per essere esposto al National Air and Space Museum (NASM) in occasione del cinquantesimo anniversario della spedizione atomica, ci furono enormi polemiche.