Trent’anni di vita anche se in Italia l’abbiamo scoperta relativamente tardi e il suo boom l’ha vissuto solo negli anni ’90 quando la sua ultima generazione, sicuramente quella più spinta, ottiene un discreto successo commerciale anche nel nostro paese.
Nata da un progetto che nel 1968 aveva visto alcuni designer cerca di realizzare un’auto interessante per il mercato americano che facesse il verso alla Ford Mustang, la Toyota Celica inizialmente doveva chiamarsi semplicemente GT: poi uno dei dirigenti commerciali della Toyota decise per Celica, che in spagnolo significa celestiale e l’idea della casa nipponica era proprio quello di andare ad aggredire non tanto il mercato europeo quanto quello degli americani del sud, grandi appassionati e collezionisti di berline sportive.
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La risposta del mercato è freddina: inizialmente viene etichettata come un’auto ‘vorrei ma non posso….’ della serie, avrei voluto la Mustang ma prendo il suo clone. Non appena la Toyota decide di dare un’anima e una personalità propria e meno imitativa alla macchina le cose cambiano e si aprono nuovi mercati compreso quello europeo. Le iniziali due porte diventano quattro anche se l’assetto sportivo rimane il suo asse distintivo tanto da azzardare un gruppo ottico a scomparsa simile a quello delle Porsche.
Gli anni ’80 per la Celica sono quelli dell’affermazione definitiva: la casa decide di investire pesantemente con il reparto corse e la squadra partecipa al mondiale WRC che vince a mani basse con la ST165, poi ribattezzata GT Four, nel 1990 con Sainz e poi dal 1992 al 1994 con la 4WD di Sainz, Kankkunen e Auriol. Nessun’altra Toyota risulterà così vincente.
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Dopo trentacinque anni, sette modelli diversi che l’avevano completamente rivoluzionata dall’iniziale imitazione della Mustang, la Celica va in pensione agli albori del terzo millennio. Ma prima si toglie la soddisfazione di imporre anche una convertibile e una 4×4 da quasi 200 cavalli.
Famoso il giallo del 1995 per via di una turbina considerata illegale. Il segreto della Celica era nel piastra limitatore. Una minuscola apertura di mezzo centimetro che, con il dilatarsi delle parti alle alte temperature, rendeva più efficace e potente l’aspirazione della turbina. A motore spento e freddo era tutto normale, ma con il motore a piena potenza quel mezzo centimetro garantiva una trentina di cavalli in più.
Il presidente della FIA Max Mosley volle vedere personalmente il motore incriminato e al termine del consiglio che decretò la squalifica della Celica disse… “il motore è illegale e la macchina va squalificata, ma è anche la cosa più ingegnosa che abbia mai visto in trent’anni di corse professionistiche”. L’epoca della Celica si chiuse e si apriva quella di Colin McRae e della Subaru
Secondo i dati diffusi dalla Toyota in trent’anni sono stati venduti quasi cinque milioni di esemplari.
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