Formula 1, le grandi crisi del circus prima del covid-19

La Formula 1 sta affrontando una situazione di crisi sanitaria ed economica. Si discute di taglio ai costi, di imporre un tetto. Ma non è la prima volta che accade. Il Circus ha rischiato più volte di non sopravvivere

Formula 1, la crisi per il covid-19 non è la prima nella storia
Formula 1, la crisi per il covid-19 non è la prima nella storia

La Formula 1 pensa a ripartire a luglio per evitare le conseguenze anche economiche della crisi. La McLaren ha lanciato chiaramente l’allarme: o si abbassa il budget cap o più di una scuderia rischia di non farcela. In gioco c’è il futuro dell’intera Formula 1, e non per la prima volta.

E’ già successo nel 1952, dopo il ritiro dell’Alfa Romeo. Con la BRM in fase calante nonostante l’ingaggio di Juan-Manuel Fangio e Froilan Gonzalez, è la Ferrari a spiccare. Per due anni, il mondiale lo vince Alberto Ascari sulla Ferrari 500 F2. Il nome dice tutto: il circus si chiama sempre Formula 1 ma si corre con auto di Formula 2, categoria che vedeva la partecipazione di Gordini, Cooper, Maserati, come ha ricostruito Auto Motor und Sport in un lungo articolo.

La F2 subisce pochissime modifiche nei due anni, a parte l’allungamento del muso per essere più efficiente nei circuiti veloci. Nel 1953, la Maserati A6 GCM è più veloce della Ferrari ma meno affidabile. Ascari vince i GP di Olanda, Belgio, Gran Bretagna, e Svizzera, Hawthorne su un’altra Ferrari trionfa in Francia. Fangio, secondo, è il solo pilota non Ferrari nelle prime cinque posizioni.

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Formula 1, Le Mans 1955: la corsa della morte

Il circus si riprende, ma una tragedia rischia di far affondare tutto di nuovo. Alla 20 Ore di Le Mans del 1955 la Mercedes di Pierre Levegh decolla verso le tribune. Muoiono il pilota e 81 spettatori. Mancano 21 ore alla fine della corsa. Il silenzio avvolge il circuito, il prato cambia colore, tutto diventa rosso e non si deve guardare. Gli organizzatori scelgono di far continuare lo spettacolo.

Mike Hawthorne, implicato nell’incidente, vince e comunque brinda all’arrivo. Le cause effettive della tragedia non sono state mai davvero chiarite.Mark Kahn, nel libro “Death Race. Le Mans 1955”, ha rivelato che la Mercedes aveva inserito nei telai piccoli serbatoi di additivi illeciti che potrebbero aver causato la doppia esplosione mortale della vettura di Levegh. Dopo la strage Germania e Spagna annullano i loro Gran Premi. Non si corre nemmeno in Francia e in Svezia. Sul circuito di Pedralbes, in Spagna, non si gareggerà più. In Svizzera non ci saranno più gare fino all’ePrix di Zurigo del 2018. Fangio festeggia il titolo mondiale nell’ultimo anno della Mercedes in F1 prima del ritorno nel 2010.

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Niente soldi nel 1969

Nel 1969, tornano gli alettoni e le appendici aerodinamiche. Mancano i soldi, però. A parte la Lotus, i team faticano ad attirare sponsor esterni alle corse. Honda, Eagle e Cooper spariscono dalla scena. Repco e Weslake smettono di fornire motori. Stewart vince il titolo piloti con la Matra. E’ il primo a trionfare una vettura costruita in Francia, l’unico a riuscirci senza un proprio team, perché la squadra è di fatto gestita da Ken Tyrrell.

E’ una stagione importante, perché vengono introdotti i primi dispositivi di sicurezza nei circuiti. Ma la vera salvezza del circus, scrive Auto Motor und Sport, è il motore Cosworth otto cilindri offerto “sul mercato aperto. (Altrimenti) il campionato avrebbe potuto chiudere. La serie si riprese solo nel 1970. […] L’accordo di Ginevra tra organizzatori e team garantì ai partecipanti fissi indennità di trasporto e premi in denaro“.

Le crisi della Formula 1: verso il Patto della Concordia

Nel 1980, il presidente della FIA, il francese Jean-Marie Balestre, vuole abolire le cosiddette “minigonne” e ridurre l’effetto suolo. Ha l’appoggio dei costruttori, Ferrari, Alfa Romeo, Renault. Si oppongono gli inglesi, che basano il lavoro su telaio e aerodinamica e spesso acquistano motori da terzi.

La guerra tra la FIA e i rappresentanti dei team, la FOCA, si accompagna alla contrapposizione tra i fornitori di gomme. Goodyear chiede che vengano abolite le gomme da qualifica dalla durata brevissima, la FIA si oppone e i britannici abbandonano. La Michelin, il concorrente della goodyear, promette di fornire pneumatici a tutti i piloti in griglia. Goodyear tornerà sei mesi dopo.

Intanto, le squadre inglesi che fanno parte della FOCA creano un mini campionato separato, il WMFS. Il 7 febbraio forzano la mano a Kyalami. Si corre un gran premio “pirata”, senza i grandi costruttori, solo per dimostrare che l’autorità del presidente della FIA Jean-Marie Balestre non è indiscutibile. Gli organizzatori guadagnano comunque 150 milioni. La Formula 1, scrive Giancarlo Cevenini su Autosprint, “ha dimostrato che le corse sono belle, si possono fare e sono valide anche quando non sono presenti i cosiddetti grandi costruttori”. E’ stata, prosegue, “una vera gara da mondiale Piloti perché solo l’uomo è prevalso, il Pilota“.

Max Mosley, legale della FOCA, va à la guerre comme à la guerre. “Se Balestre non firma il patto di Maranello entro le 24 di domenica 8 febbraio” dice, “andremo per la nostra strada e faremo valere i nostri contratti in tutto il mondo”. Non servirà. L’accordo a Maranello si trova. La FOCA, allora presieduta da Bernie Ecclestone mantiene la sovranità sulle finanze, compresi i diritti sui GP: e sarà la fortuna di tutto il circus. La FIA resta responsabile dei regolamenti. Dopo Modena, si arriva a un nuovo vertice a Place de la Concorde a fine febbraio. Viene firmato il primo, storico, Patto della Concordia.

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Formula 1 2009, i team fuggono

Il Patto viene rinnovato nel 1987, 1992, 1997 e rivisto nel 1998. Prima del 2009, data della sesta versione, la F1 avverte i segni della crisi economica. Saltano tre sponsor importanti (IMG, Royal Bank of Scotland e Credit Suisse). Nel 2008 abbandona la Honda. Mosley, allora presidente della FIA, “voleva dare ai team un budget di 50 milioni di dollari, attirare tre nuovi team e, con il ritorno di Cosworth, offrire un costruttore di motori a basso costo” scrive Auto Motor und Sport. La Ferrari, di fronte al piano al risparmio, minaccia di lasciare la Formula 1. Il piano salta, e saltano anche BMW, Toyota, Renault. Mosley ed Ecclestone aprono la strada a tre nuovi team (Virgin, Lotus e HRT) che però si sentono traditi dall’assenza del budget cap. Non sono all’altezza del Mondiale, ma lo spettacolo è andato avanti. Ancora una volta. Come sempre.

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