Johann Zarco è l’unico francese ad aver vinto più di un titolo nel motomondiale. Scopriamo la sua passione per Brassens e le altre curiosità: il manager ex paracadutista, il percorso singolare verso la gloria
Johann Zarco non corrisponde al profilo del pilota moderno. Non ha tatuaggi né atteggiamenti da divo. Usa poco lo smartphone e i social network. Non gli piace andare in discoteca, preferisce suonare il pianoforte e ascoltare Jacques Brel. E’ arrivato in MotoGP attraverso un percorso tutto suo. Così è diventato il francese più vincente di sempre nella storia del Motomondiale.
Zarco partecipa ai campionati minimoto 2005 e 2006 in Italia. Chiude sempre secondo, si divide tra le corse e lo studio. I genitori voglio che finisca la scuola e magari vada all’università. Zarco, a 17 anni, ha altre idee. Sale su un motorino per andare da Cannes ad Avignone. Impiega sei ore per percorrere 250 km, sbaglia strada due volte ma raggiunge l’unica persona che può farlo diventare un pilota. Si chiama Laurent Fellon.
Fellon è un ex paracadutista còrso dell’esercito francese. Zarco lo defisce allenatore, manager, mentore. Ospita Zarco a casa sua, gli impone un allenamento duro con un metodo in più occasioni descritto come monacale e maniacale. L’ex paracadutista, appassionato meccanico, conserva anche slanci di grande generosità. Come ricorda il sito della Red Bull, ipoteca la sua casa per permettere al suo pupillo di correre nel Mondiale 125.
Una fiducia ripagata con ha ottenuto 16 vittorie, 45 podi, 22 pole position, e soprattutto 2 titoli mondiali in Moto2. Non ha ancora centrato il primo successo nella classe regina, ma se si guarda al complesso delle categorie del motociclismo, nessun francese ha vinto quanto lui.
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Nel 2007, domina la prima edizione della Red Bull Rookies Cup. In otto gare, centra quattro vittorie e sette podi. In classifica, chiude con 57 punti di vantaggio sul secondo. Tra tutti i piloti usciti dalla Rookies Cup, nessuno ha vinto più gare una volta arrivato nel motomondiale.
Dopo quel trionfo, si aspetta di sbarcare in MotoGP. Invece Fellon lo porta a Budapest, sua moglie è infatti ungherese. Zarco impara altri segreti del mestiere da Gabor Talmacsi. “Non sono come gli altri piloti. Come gli spagnoli, che crescono nelle scuole per motociclisti e corrono fin da bambini. Ho fatto molto più lentamente: passione, sacrificio, rigore” rivela in un’intervista a Repubblica nel 2017. “Il metodo duro ha funzionato: sono diventato un guerriero. Con prudenza, intelligenza“.
Inizia a correre in 125 nel 2009, aspetta due anni per la prima vittoria, a Motegi. Ha avuto bisogno di tempo, dice, per capire come diventare uomo e pilota. Impara piano, poi inizia ad andare forte. In Moto 2, nel 2012, chiude ottavo la prima gara ma sente che qualcosa è cambiato. Dopo la prima stagione di apprendistato, sale per la prima volta sul podio in categoria nel 2013. Due anni dopo passa in Kalex e domina il Mondiale con con 8 vittorie e 14 podi in 18 gare. Stacca Rins, secondo a fine stagione, di 118 punti. Bissa il titolo nel 2016, primo francese di sempre iridato più di una volta, e migra in MotoGP.
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Si mette in luce subito, alla prima gara, in Qatar nel 2017: va in testa, stupisce tutti poi scivola. Chiude sesto, miglior rookie e miglior pilota di team non ufficiale, con tanto di primo podio a Le Mans.
Sesto anche alla seconda stagione, nel 2019 passa alla KTM. Sembra una sceneggiatura perfetta, proprio con una KTM ha vinto la Rookies Cup del 2017. Invece, finisce malissimo. Ad agosto annuncia di voler lasciare la squadra a fine anno, il team gli toglie la moto subito Nelle ultime tre gare della stagione sostituisce l’infortunato Nakagami nel Team LCR Honda e per il 2020 firma con Ducati per il team Avintia.
Il casco di Johann Zarco è dominato dal Sol Levante giapponese. E’ un omaggio ai coraggiosi piloti come Noboru Ueda, Kazuto Sakata e Nobuyuki Wakai. Fellon li ha conosciuti in qualità di meccanico nel Motomondiale e ha trasmesso a Zarco l’ammirazione per quei campioni. “Sono diventati un esempio unico di coraggio e determinazione, per questo mi ispiro a loro”, ha raccontato Zarco in un’intervista del 2014.
I campioni giapponesi degli anni Novanta non sono le uniche fonti di ispirazioni inattese del francese che non ha paura dello scorrere del tempo. Ora che il tempo è sospeso per la pandemia e la quarantena, continua ad ascoltare i suoi amati cantautori francesi. Non ha mai nascosto la sua predilezione per Jacques Brel e George Brassens, uno dei grandi modelli per il giovane Fabrizio De André che ha anche trasposto in italiano alcuni suoi capolavori come Il Gorilla o Morire delle Idee.
Suona il pianoforte (nel 2017 si era esibito come musicista e cantante nella hall dell’albergo dopo il GP d’Austria) e ad allenarsi nella casa di famiglia, nel sud della Francia. “Sono abbastanza fortunato ad avere un giardino. Il mio preparatore atletico mi manda il programma da seguire su WhatsApp e mi alleno da solo” ha raccontato a Canal Plus. In attesa di risvegliare il guerriero.
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