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Coronavirus, Fase 2: scenari possibili di un traffico impazzito

L’Italia si sta affannando a cercare di capire come sarà la vita durante la Fase 2, quella della ripartenza dopo il blocco quasi totale determinato dai decreti per il contenimento del contagio da coronavirus. Anche noi di Automotorinews.it abbiamo provato a affrontare l’argomento traffico ipotizzando alcuni scenari che, in tutta onestà, non sono idilliaci. A cominciare dal traffico.

Traffico in città (Getty Images)

Al momento si possono solo fare delle ipotesi. La situazione è del tutto nuova per tutti e dunque sarà un problema in più da risolvere anche per i legislatori e gli amministratori locali.

I trasporti nelle grandi città

Tuttavia è facile pensare che il traffico nelle città aumenterà considerevolmente. Se anche la Fase 2 prevederà un lento ritorno alla normalità, uno dei punti cardine dei nuovi decreti post Covid sarà comunque il mantenimento della distanza sociale per ridurre a zero la possibilità di un ulteriore incremento dei contagi. Il che significa che i trasporti pubblici, sicuramente, non potranno più in grado di ospitare la mole di traffico e di pubblico come quella precedente al coronavirus.

Possiamo dimenticarci bus stracolmi, metropolitana intasate, code ovunque. Tutto dovrà essere, per quanto – inutile ricordarlo – siamo italiani e viviamo in Italia, molto più disciplinato e ordinato e in tutti i mezzi pubblici dovrà essere rispettata una distanza di sicurezza che limiti il rischio di un possibile contagio. Il fatto che lo si debba fare e certo il fatto che sia possibile meno.

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(Foto: Getty)

Massiccio ricorso alle auto

Ci sono poi altri punti che non sono stati affrontati. Chi garantirà gli utenti dei mezzi pubblici? Chi acquisterà il biglietto per un qualsiasi mezzo di superficie o di metropolitana dovrà presentare anche il certificato di negatività Covid (che secondo alcuni legislatori, dovrebbe diventare un altro dei punti fermi dei prossimi decreti)? E ancora: la mascherina sarà obbligatoria per tutti così nelle aree all’aperto anche nei mezzi pubblici? Questi e altri fattori porteranno la stragrande maggioranza delle persone a privilegiare il mezzo privato. Saranno sempre di più, per esempio, i genitori che porteranno a scuola i propri figli cercando di ritagliare spazio nella propria giornata di lavoro.

Nelle grandi città, per quanto Milano, sotto questo aspetto, risulta già molto più competitiva rispetto ad altre, è inevitabile che i trasporti pubblici non riusciranno mai a far fronte a quella che sarà la richiesta di più mezzi e più spazio all’interno dei mezzi. Già oggi possiamo dire che avremo un 15-20% di auto in più in circolazione di persone che non potranno più fare a meno della propria macchina per andare al lavoro o garantire le attività della propria famiglia. Persone che non troveranno posto sui mezzi pubblici come prima.

(Getty Images)

Bici e scooter, a noleggio elettriche e non

Una soluzione alternativa restano le due ruote: se fino a oggi il bike sharing sembra avere perso alcune quote di mercato – in particolare a Milano – a vantaggio dei motorini, è facile pensare che nel prossimo futuro proprio le due ruote – a motore elettrico e non trattino – potrebbero essere una risposta adeguata. Lo sharing degli scooter, in particolare a Milano, Roma e a Firenze, soprattutto per questioni di carattere turistico, stavano andando piuttosto forte prima del lockdown. La Fase 2 potrebbe incrementare questo genere di business sempre che si riescano a trovare mezzi a disposizione in grado di accogliere quella che sarà una richiesta crescente da parte dell’utenza. Sempre più persone, se non useranno l’auto, cercheranno di alleggerire il proprio rapporto con i mezzi pubblici utilizzando biciclette, motorini, proprio a noleggio. E incrementando i tratti a piedi.

Moto e scooter a noleggio, in questo momento, non rappresentano ancora una soluzione totalmente sfruttata dal pubblico che, in poco tempo, potrebbe prendere dimestichezza con questo genere di soluzione e usarla anche per via della sua economicità. Un grande problema, soprattutto nelle aree metropolitane, resta quello delle distanze. I motorini elettrici, molto spesso, non garantiscono una carica sufficiente se non per pochi chilometri perché sono già stati utilizzati più e più volte da persone diverse e al momento della prenotazione spesso non ci consentono di arrivare a casa.

E poi c’è il problema dei confini comunali che, nelle grandi aree metropolitane, è un enorme barriera. Se non si studierà una forma di abbonamento più elastica che consenta agli utenti di spostarsi anche al di là del capoluogo per raggiungere la zona metropolitana, è facile pensare che lo sharing di auto e motorini posso rivelarsi inutile per lo spostamento delle decine di migliaia di persone che ogni giorno raggiungono la città.

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(Getty Images)

Basterà lo smart working?

Molti sostengono che la vera rivoluzione sarà costituita dallo smart working e che sempre più aziende, dopo questa esperienza forzata determinata dal coronavirus, cambieranno. Ricorrere a questa tipologia di lavoro per il proprio futuro significherebbe meno costi vivi all’interno delle proprie aziende, più tempo a disposizione per i lavoratori e, forse, anche una maggiore leggerezza nella gestione dei contratti. Quella tanto decantata mobilità sociale e professionale che l’Italia non è mai riuscita completamente ad accettare. Potrebbe essere anche vero; lo sapremo soltanto alla prova dei fatti il punto certo è che le grandi industrie e le grandi aziende lavorano con gli operai e i dipendenti che oggi svolgono un lavoro meccanico o comunque manuale sono sicuramente più di un terzo di quelli a libro paga a livello nazionale.

Ma dovrà cambiare tutto anche negli uffici. Il modo stesso in cui viene concepito il lavoro, gli spazi all’interno del quale si dovrà lavorare. Se fino a qualche tempo fa le aziende amavano così tanto gli open space dovranno cambiare idea. Basta con spazi immensi e anonimi nei quali batterie di dipendenti in pochi metri quadrati smaltivano ore e ore di lavoro a stretto contatto di gomito. Tutto questo ora non sarà più possibile. Quante aziende saranno disposte a cambiare il proprio modello di business in funzione della salute pubblica?

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Lo skyline di Milano insidiato dallo smog (Getty Images)

Occhio all’inquinamento

In un momento storico che vede l’inquinamento a livelli mai così bassi, rischiamo di ripartire con un ulteriore contraccolpo anche sul fronte dei gas serra. La lotta alle emissioni sulla strada verso la quota zero, rimane una delle priorità assolute. Tutto sommato questo lockdown ha dimostrato una cosa importante: che anche le grandi economie industriali del pianeta, se costrette, possono sensibilmente ridurre il loro impatto sul clima. Il traffico incide sensibilmente, soprattutto nelle grandi città.

Il dibattito su questo argomento è molto forte. Bisogna davvero essere costretti al peggio per rendersi conto che occorre cambiare? O forse questa può anche essere un’opportunità per evitare di tornare sugli stessi errori commessi per decenni che ci hanno avvicinato al punto di non ritorno?

La risposta che arriva dall’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, è tranchant. L’uomo non cambierà mai: “Purtroppo la storia ci insegna che nel bene e nel male l’uomo non ha mai rinunciato a privilegi e comodità a fronte di una vita più semplice sana e frugale – dice Bruce Aylward, medico responsabile della missione OMS in Cina – il mio è solo un parere puramente umano, per quando informato. Difficile pensare che l’uomo faccia tesoro proprio ora di lezioni che non ha mai imparato adeguatamente in tremila anni di civiltà dimostrata alla storia”.

Vinceranno i più agili

Anche questa diventerà una selezione della specie. Qualcuno ritiene che il coronavirus sia stato mandato dalla natura per avvertirci che stavamo vivendo nel modo sbagliato. Forse, proprio come i dinosauri molti anni fa, stavamo diventando inutili anzi… dannosi per il pianeta e rischiavamo di fare una brutta fine noi insieme a lui.

Ma in fondo parliamo solo di traffico. È una sceneggiatura magari un po’ apocalittica forse anche troppo fantasiosa ma verosimile nella sua chiave di lettura più generale. Stavamo tutti vivendo nel modo sbagliato, forse nel modo peggiore. Questa malattia virale ci sta costringendo a cambiare il nostro rapporto con le persone, con le cose e soprattutto con il tempo che stiamo vivendo.

In una ipotetica selezione della specie anche i lavoratori dovranno adattarsi e adeguarsi a quelle che saranno le nuove regole. Vinceranno i più agili. Quelli che sapranno adattarsi e muoversi in modo economico, veloce, funzionale e che non saranno schizzinosi di fronte a una bici, a un motorino. Persino a un monopattino elettrico che potrebbero diventare la vera risposta per lo spostamento individuale a livello globale.

 

 

Stefano Benzi

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