Preston Tucker è stato certamente un personaggio che ha segnato l’industria automobilistica americana.
Visionario, determinato ai limiti dell’ostinazione e con alcune idee eccellenti ma forse troppo progressiste per un’America che il sogno americano continuava a venderlo ai piccoli imprenditori ma che lo accettava molto più difficilmente quando questo diventava business.
Ingegnere nato nel 1903 poco lontano da Detroit e cresciuto a Lincoln Park, Preston Tucker ha vissuto e respirato le auto fino a farle diventare parte del suo DNA. A 11 anni era in grado di riparare da solo auto e piccoli furgoni, a 16 aveva messo su la sua prima officina nel retro della casa dei suoi: a 18 inizia a studiare ingegneria anche se si laureerà solo più avanti e nel frattempo lavora per mantenere la famiglia che si crea giovanissimo con Vera, la donna che gli starà accanto tutta la vita. Lavora come meccanico, benzinaio, fattorino e nel fine settimana vende auto usate. La sua capacità di convinzione e di coinvolgimento del pubblico diventerà uno dei suoi punti di forza.
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Nel frattempo presenta i suoi primi progetti alla Ford, alla Chevrolet e brevetta diverse personalizzazioni su motori e scocche: una di questa diventa il Tucker Tiger, un carroarmato potenziato da un motore V12 con una piccola torretta armata. Velocissimo e adatto su tutti i terreni. Nell’immediato dopoguerra si indebita fino ai capelli per creare la sua casa automobilistica. Nasce la Tucker Car Incorporated.
Impressionato dal drammatico incremento delle morti per incidente automobilistico crea una vettura costosa ma sicura, con luce centrale supplementare (uno dei suoi segni distintivi), un impianto di illuminazione collegato allo sterzo per seguire l’arco delle curve ma anche estremamente elegante e sinuosa. La Torpedo è un grande successo di pubblico anche per le sue innovative qualità di venditore: è tra i primi a sfruttare il cinema e la televisione come mezzo per raggiungere il grande pubblico.
L’azienda cresce, Tucker ottiene i finanziamenti di Stato per l’aiuto all’industria dell’automobile ma la linea di produzione non si adegua alle idee visionarie e moderne dell’imprenditore che è costretto a subire l’aggressività del mercato e dei colossi dell’automobile che vorrebbero mangiarsi la fabbrica e i suoi brevetti. Costretto al fallimento negli USA, Tucker si rifugia in Brasile per avviare un nuovo stabilimento e creare un nuovo modello, la Carioca. Ma scoprirà presto di essere malato e morirà a soli 53 senza avere realizzato il suo sogno.
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Oggi della Torpedo ne esistono solo poche decine; una di queste è nel garage del regista e produttore di Francis Ford Coppola (regista del nuovo spot aziendale Fiat) che l’epoca di Tucker l’ha indirettamente vissuta perché suo padre ne aveva guidata una. Affascinato dalla vita e dalla figura dell’ingegnere il regista ha realizzato nel 1988 “Tucker, the man and his dream” affidando il ruolo di protagonista a Jeff Bridges. Pur non ottenendo un grande successo di pubblico, la pellicola incontra il favore della critica e del festival indipendenti che lo premiano con il prestigioso BAFTA per la miglior sceneggiatura.
Coppola, grande appassionato di auto, ritiene che Tucker sia stato un uomo penalizzato dal sogno americano, per lui diventato ossessione: “In lui vedo i tratti del grande Howard Hughes” dice oggi dell’ingegnere il regista che consigliò a Martin Scorese di dirigere lui stesso il film biografico sul fondatore della TWA, “The Aviator” diventato un grande successo con l’interpretazione di Leonardo Di Caprio nei panni del protagonista.
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