Sulla Route 66 e sui suoi itinerari si sono spese pagine importanti di letteratura, musica e anche di cinema.
Non attraversa tutti gli Stati Uniti e non si può dire che le città che unisce siano centrali per l’economia degli USA. Però chi ha avuto l’occasione di percorrerla almeno una sa che quella è un’esperienza che non dimenticherà mai.
Come gli USA anche la Route 66 ha avuto i suoi alti e bassi. È stata la strada della terra promessa verso l’Ovest per migliaia di migranti in fuga dalla povertà e dalla grande depressione economica americana, poi ha incontrato momenti di enorme crisi e di abbandono fino al suo rilancio definitivo. Oggi è un simbolo stesso degli Stati Uniti e della loro grandezza.
Fu disegnata alla fine dell’Ottocento inizialmente come possibile collegamento ferroviario: in quel periodo c’era il boom delle railways e realizzare collegamenti per i treni sembrava molto meno problematico e costoso che disegnare un banale nastro d’asfalto. Ovviamente il grande traffico di uomini e merci non viaggiava certamente ancora su gomma. Ma il progetto della ferrovia divenne invece una strada che da Chicago attraversava gli stati centrali per sfociare in California, e più precisamente alle porte di Los Angeles, nella baia di Santa Monica.
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La strada doveva essere lunga circa 2500 miglia, non c’erano i fondi perché fosse più lunga di così e inizialmente, proprio perché attraversava stati poco popolati e aree quasi semi deserte, affrontarla era un’autentica avventura perché voleva dire mettersi in posta e non incontrare niente per centinaia di miglia.
Poi iniziarono a nascere le prime gas station, oggi restaurate e protette come patrimonio culturale e i primi motel ma inizialmente chi affrontava la Route 66 lo faceva senza un dollaro in tasca e chiedendo un passaggio dopo l’altro. Farla tutta senza un mezzo proprio poteva voler dire stare per strada per due settimane senza un tetto sulla testa e la certezza di un pasto.
La Route 66 attraversa tutti gli itinerari possibili di Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico e Arizona prima di arrivare in California. Il suo boom è nell’immediato dopoguerra quando i colossi dell’industria automobilistica americana a poco a poco rimettono tutto il paese in piedi e in movimento e spostarsi da una costa all’altra per rifarsi una vita dopo aver perso il lavoro o dopo un brutto divorzio era una cosa normale. Al brusco declino degli anni ’70 che vede quasi tutte le stazioni di servizio abbandonate e in rovina negli anni ’80 si oppone un recupero sia del tratto stradale che delle aree di servizio: la Route 66 negli anni ’90 diventa Historic e viene inserita nel patrimonio paesaggistico degli Stati Uniti.
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Da Chicago e dai grandi laghi la strada viaggia verso sud attraversando tutti gli scenari possibili della grande provincia americana. Si tratta di una statale che pur connettendosi con le grandi autostrade nazionali è sempre rimasta orgogliosamente fuori dalla mappatura delle freeways. Chi la affronta lo fa come lo dovrebbe fare un americano. Il mantra è “the whole time it takes” (ci vuole tutto il tempo che ci vuole). E certe soste in alcune città diventano definitive. Perché la storia è piena di gente che tra una città e una stazione di servizio magari ha incontrato il lavoro e l’amore, o tutt’e due e non è più ripartito.
Le grandi città che tocca sono Springfield, St. Louis, Tulsa, Oklahoma City nel suo punto più a sud: e da qui la rotta con grande decisione a ovest toccando Albuquerque e Flagstaff limitandosi a sfiorare Santa Fe, Phoneix, che si trova a sud lungo la 17, e soprattutto Las Vegas che si trova invece quasi al termine del percorso con una deviazione a nord sulla 15.
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Gli itinerari della Route 66 sono infiniti e portano nel cuore delle bellezze degli USA, sosta deviazione d’obbligo (a parte Vegas) è quella del Grand Canyon e del Deserto del Mojave.
Parliamo quasi sempre un nastro d’asfalto lungo e poderoso che taglia praterie e divide il deserto. Uno scenario unico al mondo che ha ispirato capolavori del film western e del cinema americano ma anche della musica d’autore come “Road to nowhere” dei Talking Heads.
Oggi esistono decine di agenzie di viaggi che negli Stati Uniti programmano sosta per sosta, con numerose visite ad hoc un itinerario sulla Route 66 ma con pochi amici selezionatissimi e mezzi affidabili, auto e moto rigorosamente americane e magari un van di appoggio, la si può affrontare in assoluta sicurezza anche in modo del tutto indipendente. Farla in fretta non ha senso: l’ideale è mantenere un ritmo di circa 250 miglia al giorno (quasi cinquecento chilometri, mica pochi…) e selezionare sulla mappa dieci location per pernottare e arrivare a Los Angeles dopo undici giorni di viaggio.
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