Porti chiusi alle ONG che operano fuori dalla SAR italiana fino alla fine dell’emergenza sanitaria. Questo il provvedimento del governo approvato martedì
I porti italiani non possono più essere considerati “sicuri“. L’ha stabilito il governo, a causa della diffusione del coronavirus. Il provvedimento approvato martedì è valido per “i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana” si legge nell’articolo 1.
Dunque, fa riferimento alle sole navi che battono bandiera straniera e prestano soccorso al di fuori dell’area di mare su cui l’Italia si impegna a mantenere attivo un servizio di ricerca e salvataggio.
Il decreto è stato firmato dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, dal ministro della Sanità, Roberto Speranza, da quello degli Esteri Luigi Di Maio e dalla ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli. E resterà in vigore per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria nazionale.
Porti chiusi alle ONG: il provvedimento del governo
Secondo il provvedimento, la pressione sul servizio sanitario nazionale non permette di garantire la sicurezza dei porti senza compromettere la funzionalità degli ospedali, delle strutture logistiche e di sicurezza destinate al trattamento dei pazienti affetti dal COVID-19.
Il decreto è stato infatti approvato nelle stesse ore in cui la nave Alan Kurdi, gestita dalla ONG tedesca Sea-Eye, ha soccorso circa 150 persone nel tratto di mare tra Italia e Libia. La nave resta ferma a poche miglia da Lampedusa, in attesa che le venga assegnato un porto sicuro.
Il provvedimento ha incontrato l’opposizione di Jan Ribbeck, responsabile della missione di Sea-Eye. “Rispettiamo l’emergenza nazionale di tutti i paesi europei che lottano contro questa pandemia e in particolare la situazione dell’Italia” ha detto, come riporta Il Post. “Ma nessuno stato nel Mediterraneo dovrebbe essere lasciato solo sulla questione dell’accoglienza dei rifugiati nella crisi del coronavirus. Ci rivolgeremo al nostro stato di bandiera se fosse necessario“.
Leggi anche – Coronavirus, la fase 2: cosa cambierà per lavoro, trasporti e scuole