E nemmeno un edificio moderno tutto in vetro come l’ex BrawnGp, oggi Mercedes. La Ferrari GeS è una bassa costruzione degli Anni ‘70. La grande ristrutturazione prevista un paio d’anni fa che doveva portare all’edificazione di una sede nuova, più grande e funzionale, è stata cancellata perché la F.1 sta tagliando i costi e si è rinunciato al proposito di ingrandirsi. Ma con buona pace di McLaren e Mercedes, la storia della F.1 è qui.
La grande stanza d’angolo di Enzo Ferrari non c’è più, ma una porzione di essa rimane ancor oggi la “stanza dei bottoni”. È sempre stata quella la sede del “capo”. Da allora negli ultimi vent’anni si sono avvicendati pochi inquilini: prima Cesare Fiorio, poi la breve stagione dell’ing. Lombardi, quindi i 15 lunghissimi anni di Jean Todt. Da tre anni quella stanza è il regno di Stefano Domenicali, l’uomo che ha sulle spalle il “peso” agonistico della Ferrari in F.1 e tutte le responsabilità. Il team principal, secondo la definizione inglese, la lingua ufficiale dei Gp.
L’ufficio di Domenicali è un ambiente sobrio, asciutto. Identico a com’era ai tempi di Todt. Un grande tavolo delle riunioni – ma quelle “calde” del lunedi post-Gp si tengono altrove, negli uffici di Montezemolo – poi una scrivania davanti alla finestra. In un angolo un divanetto per gli ospiti – rigorosamente rosso Ferrari -e un grande televisore al plasma appeso alla parete, fisso sulle news del televideo. Un ufficio dirigenziale come tanti altri – forse più sobrio di molti – dove l’unico indizio dell’attività di chi lo occupa è la fila di modellini delle Ferrari F.1 degli ultimi dieci anni in bella vista su una mensola. C’è la serie di monoposto iridate di Maranello: dal 1999 in poi, fino alla F10 di Alonso.
Dalla finestra giunge a tratti il rombo di un motore che sale di giri, poi cala di potenza e riaccelera. Anni fa si poteva immaginare che fosse una F.1 nella vicina pista di Fiorano, appena al di là di queste mura. Invece il bando dei test, che ha privato anche gli abitanti di Maranello ed i turisti di passaggio di uno spettacolo che destava sempre curiosità, fa ricordare che si tratta di un motore che sta girando al banco prova, proprio al di là del viottolo interno. È fine anno, il momento giusto per analizzare a freddo con il capo della Ferrari Corse – lontani dall’emotività dei primi giorni – il campionato e tirare le somme di una stagione agro-dolce. E capire se il modo rocambolesco in cui si è perso un mondiale già vinto – un rigore sbagliato a porta vuota, come l’ha definito il presidente Montezemolo – quali conseguenze può aver lasciato. E soprattutto quali insegnamenti può dare per il futuro.
– Anche se siamo già nel 2011 non si può non partire dalla grande delusione dell’anno scorso. Quel famoso errore di strategia ad Abu Dhabi rivisto a freddo, a due mesi di distanza, si poteva evitare?
« È stato un errore fatale. Un errore inaccettabile. Però va considerato il contesto in cui si è agito. Non dimentichiamoci che certe “ chiamate” ai box vengono fatte con massimo 10/ 15 secondi di tempo per reagire. Quando si impostano certe strategie si seguono determinate logiche che devono essere attualizzate al momento in cui prendiamo le decisioni. Giudicarle dopo è troppo facile. Ad Abu Dhabi sono state seguite logiche che poi si sono rivelate in quel caso sbagliate. Però come non è giusto sottovalutare certi errori, nemmeno è corretto ingigantirli. Noi ci stiamo strutturando per migliorare le cose perché tutte le cose sono migliorabili ».
– Rimane il fatto che la Ferrari ha compiuto altri errori di strategia durante l’anno.
« Non siamo noi il team che ha fatto più errori. I nostri rivali ne hanno compiuti di più nel 2010. A me dispiace leggere sempre un atteggiamento negativo sulle strategie Ferrari rispetto agli altri. I dati non dicono questo. E possiamo dimostrarlo. Abbiamo fatto una ricerca su questo argomento ».
– Che tipo di ricerca?
« Abbiamo analizzato, gara per gara, le scelte tattiche nostre e quelle dei nostri rivali. Partendo dalle posizioni occupate in gara fino a quelle conquistate o perse con la strategia ».
– E cosa è venuto fuori?
« Che la Ferrari, secondo noi, ha fatto soltanto due errori “ pesanti” di strategia l’anno scorso. Uno è quello di Abu Dhabi, l’altro è quello delle qualifiche in Malesia dove con la pioggia noi, Red Bull e McLaren, non siamo entrati in pista e siamo rimasti tagliati fuori dalla lotta per la griglia. Poi, se vogliamo, c’è un terzo episodio, quello di Valencia, dove si può discutere se sia stato o no un errore non far rientrare Massa ai box mentre usciva la safety car. Ma resta il fatto che gli altri hanno compiuto più sbagli di noi. La mia non è né una scusa né una rivendicazione, ma guardo semplicemente i fatti. Poi sono d’accordo con voi tutti che dal punto di vista qualitativo quello di Abu Dhabi sia stato uno sbaglio inaccettabile. Ma è stato uno. La valutazione di cui parlavo prima è a livello quantitativo, non qualitativo ».
– E chi comanda questa classifica del maggior numero di errori?
« Siamo quarti. Dietro Mercedes, McLaren e Red Bull. Ribadisco che qui parliamo di quantità di sbagli di strategia, non di gravità dei singoli errori. Quello di Abu Dhabi è stato un errore qualitativo molto importante ma mi dispiace che in queste situazioni si tenda a perdere il senso della misura e non si valuti complessivamente il nostro comportamento durante l’intero anno ».
– Si direbbe che Ross Brawn, dopo i capolavori di strategia ai tempi della Ferrari, abbia perso la mano…
« Anche questo non è giusto; da fuori si tende sempre a personalizzare le cose, ma non è così. Ross Brawn da noi faceva le strategie, in Mercedes ha un altro ruolo: è il caposquadra, il cosiddetto team principal. Come me d’altro canto. Ed è sbagliato ritenere che il capo faccia personalmente le strategie. Le squadre lavorano secondo una precisa organizzazione: il team principal mai e poi mai lavora direttamente sulle strategie di gara. Il capo ha una responsabilità, diciamo, oggettiva e politica, ma delega ad altre persone l’incarico operativo in pista. Queste deleghe devono essere rispettate, sennò è impossibile lavorare in modo efficace. Per questo motivo dico che non è corretto personalizzare con un nome una squadra. Si tende ad attribuire responsabilità alla persona sbagliata ».
– Ma dopo Abu Dhabi, viste le critiche, ti è mai venuta la tentazione di rimettere il mandato come fece Todt una volta?
« Si, ci ho pensato. Ci mancherebbe altro che uno non ci pensi. Mi rendo conto che sull’onda dell’emotività si può prendere qualsiasi decisione, anche la più traumatica. Ma quando rifletti a fondo, poi ti vengono altri pensieri. E mi sono reso conto che con quella mossa avrei fatto più male che bene alla Ferrari. Se mi fossi dimesso sull’onda emotiva di un singolo episodio avrei buttato all’aria un progetto di rinnovamento appena partito. Poiché a questo team ci tengo più di tanti altri, visti i miei 19 anni di servizio a Maranello, ho ritenuto giusto andare avanti. Non dimentichiamoci che stiamo gettando le basi per costruire un altro periodo vincente come quello dei primi anni Duemila. Ci sono voluti anni, a quell’epoca, per trovare l’equilibrio vincente. La squadra rispetto ad allora è tutta nuova e ci sono ancora equilibri che vanno ricostruiti ».
– I tifosi però erano inferociti nei blog contro di voi. Che effetto vi ha fatto?
« Capisco la loro delusione: è giusto, ci mancherebbe altro, che siamo stati criticati; ma il mio ruolo principale non è prestare orecchio alle critiche, ma far lavorare bene la squadra.
Devo però anche dire che oltre alle critiche, abbiamo ricevuto anche tanto sostegno da parte di moltissima gente. E anche il nostro presidente e gli azionisti ci sono stati vicini in modo forte ed esemplare ».
– Quali provvedimenti state prendendo per non incorrere di nuovo in questi errori?
« Sto mettendo in fila in modo razionale i problemi per risolverli, senza fare del disfattismo. Come ho sempre detto, si vince e si perde tutti insieme: le responsabilità come capo me le prendo sulle spalle, e non mando alla berlina gli uomini della mia squadra che hanno certe responsabilità perché sarebbe sbagliato. Però d’altra parte è giusto che come caposquadra reagisca individuando le aree in cui migliorare ».
– Quali sono queste aree?
« L’organizzazione del lavoro, la metodologia e gli strumenti ».
– Organizzazione del lavoro vuol dire spostare persone da un incarico all’altro. Quali sono i nuovi ruoli?
« Prima di tutto entra a far parte della squadra un nuovo tecnico: un uomo di valore che è Neil Martin. Proviene dalla Red Bull, ha 38 anni e prima ancora stava alla McLaren. Martin assumerà il ruolo di responsabile di un nuovo reparto: Sviluppo Strategie Operazioni. Contemporaneamente il vice di Costa, che è Pat Fry, assumerà anche l’incarico di responsabile degli ingegneri di pista ».
– Quindi avete diviso fra due tecnici i ruoli che prima assumeva Dyer, che era capo degli ingegneri in pista e stratega. E dove finirà Chris Dyer?
« Ridefiniremo la sua posizione in azienda nei prossimi giorni ».
– E ridefinire l’area degli “strumenti” che significa?
«Vuol dire migliorare tutti gli strumenti di simulazione e di analisi dati che abbiamo a disposizione».
– Creerete anche voi una squadra che da Maranello analizzerà i dati in diretta durante il Gp come fa la McLaren per dare suggerimenti al muretto?
« In parte l’avevamo già, ma irrobustiremo la struttura. E in ogno caso dobbiamo metterci in testa una cosa: ragionando per priorità la stagione è stata persa – al di là dell’errore di Abu Dhabi – perché la nostra macchina era meno veloce di quella degli avversari. E su questo non c’è purtroppo alcun dubbio. Costruire una monoposto più competitiva è la nostra sfida per il 2011. L’altro tema molto importante è che nella prima fase del campionato 2010, dove altre squadre avevano problemi di affidabilità, noi non abbiamo raccolto i punti che il nostro potenziale ci permetteva di raccogliere. Ad esempio la McLaren a inizio stagione, pur avendo una macchina inferiore alla nostra, era riuscita a raccogliere più punti di noi ».
– Storicamente la Ferrari ha sempre avuto questo difetto di partire lentamente per poi recuperare nel finale di stagione.
« Si, questo è vero. Invece nel girone di ritorno del campionato abbiamo fatto più punti di tutti quanti. Questo significa che sappiamo concentrarci sul lavoro senza farci distrarre troppo dalle vicende esterne ».
– C’è un altro obiettivo positivo raggiunto?
« Sì. L’affidabilità. Nel 2010 abbiamo avuto un solo guasto. Ci siamo migliorati rispetto al passato perché abbiamo rivisto le metodologie di lavoro ».
– Quali sono gli obiettivi 2011?
«Primo, consolidare l’obiettivo- affidabilità raggiunto l’anno scorso; secondo, spero di avere una monoposto competitiva fin dalle prime gare; terzo non buttare via punti a inizio stagione e mantenere invece lo stesso ritmo di quest’anno nel girone di ritorno ».
– Quale target sono stati dati ai tecnici per la monoposto 2011?
« Costruire una macchina che sia almeno un paio di decimi più veloce fin da inizio stagione. Poi sullo sviluppo abbiamo tutte le capacità per giocarcela ».- Ma come si può azzerare il divario dalla Red Bull in un solo inverno?« Si fa rivedendo le metodologie, provando a essere più aggressivi in tutte le aree ».
– Che vuol dire “aggressivi”?
« Significa non lasciarsi margini né tolleranze. Intendo dire che per essere davvero competitivi serve una concezione estrema di tutto il progetto. Per quanto le regole vadano rispettate fino in fondo, sappiamo però che il regolamento può essere “ stirato”: bisogna arrivare fino al limite, fino alla riga, non un millimetro sotto il limite in tutte le aree. Perché certe tolleranze costano in termini di prestazione. Ma oltre alla metodologia di lavoro ci vogliono poi le idee, perché senza di queste vai poco lontano. È un altro aspetto fondamentale che speriamo di aver coperto nella maniera giusta ».
– Quindi siete convinti di avere tra le mani un progetto competitivo?
« Non voglio fare proclami, non dico che stiamo costruendo una macchina super- competitiva perché in questo momento nessuno conosce con precisione lo stato di competitività dell’avversario. Ma i target che ci siamo dati sono molto ambiziosi; stiamo rispettando una tabella di marcia interessante e se raggiungeremo quei target credo che avremo una macchina competitiva ».
– L’anno scorso non avevate potuto sfruttare d’inverno l’aiuto di Alonso perché fino al 31 dicembre era in forza alla Renault. Ora è diverso. L’effetto si è sentito?
« Alonso ha iniziato il campionato 2010 con appena sei giorni di esperienza di guida della Ferrari, forse sette. E con nemmeno 3000 km sulle spalle. Non conosceva neppure i nomi di molti dei suoi meccanici. Anche lui, nonostante sia un campione del mondo, ha bisogno di tempo per trovare il suo equilibrio e gli input che vuol dare alla squadra. Quest’anno non avremo più quel tipo di problema e può essere un vantaggio che va a beneficio dell’accelerazione dei suoi feedback sulla macchina, dalla pista all’ufficio tecnico ».
– Già, lui ai tempi della McLaren era famoso per le mail fitte di suggerimenti che scriveva alla squadra…
« Già, invece con noi non ha bisogno di scrivere perché parla direttamente con i tecnici. Alonso quest’inverno è stato a Maranello una settimana si e una no. Parla con gli ingegneri, è molto presente. Quando l’abbiamo scelto come pilota, eravano tutti convinti delle sue doti di guida. Col tempo abbiamo scoperto certe sue qualità ulteriori legate al modo di lavorare con la squadra che prima non conoscevamo. Si sono rivelate una piacevole sorpresa ».
– E Massa è recuperabile come pilota di primo livello? Cosa l’ha danneggiato di più nel 2010, il suo stile di guida ”morbido” che non gli permetteva di usare al meglio le gomme o il peso psicologico della presenza di Alonso?
« Credo entrambe le cose. Certo che per Felipe il 2011 sarà un anno fondamentale. Dal punto di vista tecnico, le gomme Pirelli dovrebbero aiutarlo: è un riscontro che abbiamo avuto dopo i primi test di pneumatici. Quanto al condizionamento psicologico da parte di Alonso, credo che Massa, dopo aver visto come lavora Fernando, nel 2011 potrà avere il vantaggio di saper dove guardare per cercare di migliorarsi. Perciò sono convinto che vedremo un Felipe super motivato per il 2011 ».
– Il divieto di fare test rappresenta davvero un così grosso risparmio per la F.1?
« Il nostro presidente più volte si è espresso in modo critico contro questa regola dicendo che è come proibire a una squadra di calcio di svolgere gli allenamenti tra una partita e l’altra. Io voglio ricordare che la Ferrari è la squadra che, accettando questa regola del taglio dei test, è quella che ha rinunciato più tutti gli altri ai propri investimenti perché in passato avevamo puntato di più sui test reali invece che sul simulatore, a differenza di altri. Non dimentichiamoci che noi avevamo due piste di prova (Fiorano e Mugello, ndr) ora inutilizzate. E poi è ora di finirla con questa storia che la Ferrari è la squadra che spende più di tutti in F. 1. Non è più vero ».
– Perché, c’è chi spende più di voi?
« Certo. Sicuramente Red Bull e McLaren spendono più di noi per farsi il telaio. Poi c’è il motore, che per noi rappresenta un costo importante perché ce lo dobbiamo costruire. Per loro è semplicemente una fattura da emettere perché lo acquistano già bell’e fatto ».
– L’ala mobile potrà favorire gli imbrogli?
« È un’area sconosciuta; è stata abbastanza delimitata con i chiarimenti sui regolamenti tecnici, però come tutte le novità bisogna essere cauti. Il pilota che è alle spalle di un altro potrà azionarla per entrare in scia solo in determinati punti della pista e solo se il distacco tra lui è l’avversario davanti sarà molto ridotto. Sarà la direzione gara a segnalarne la possibilità con una spia sul cruscotto. Io però mi chiedo: questo sistema, oltre a favorire i sorpassi, renderà i duelli più spettacolari o troppo scontati? Per ora sono un po’ scettico, spero di sbagliarmi. E mi auguro anche che le televisioni trovino il modo di far capire alla gente tramite lo schermo chi ha attivato il meccanismo e chi no, altrimenti non si capirà più nulla ».
Fonte: Auto.it
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