All’interno, la JCW non è molto diversa dalle altre Mini: ha di serie i sedili sportivi di serie (che sono sì abbastanza profilati ma non abbastanza da contenere adeguatamente il corpo in curva), mentre l’abitacolo ha perso molte delle cromature delle Mini pre-restyling, e i comandi su consolle e volante sono ora realizzati in una plastica satinata nera, piacevole al tatto. Invariata anche l’ampia personalizzazione del posto di guida, con volante regolabile anche altezza, così come il sedile del guidatore. Ovviamente, come per tutte le Mini, basta attingere al ricco listino per farsela su misura: ad esempio, 120 euro per le strisce bianche o nere sul tetto, 1.770 per i sedili in pelle nera con bordo rosso, 750 per i fari bixeno e 1.300 se si scelgono quelli “adattivi” (ruotano in curva seguendo la strada per illuminarla meglio). Non manca il sistema Mini Connected (260 euro), che permette di ascoltare le radio non attraverso le normali frequenze ma via internet; può anche collegarsi alle mappe di Google e far controllare la propria pagina su Facebook. In realtà, molti dispositivi che dovrebbero essere di serie si pagano a parte: come il computer di bordo (180 euro), il climatizzatore automatico (380 euro) e anche i comandi multifunzione al volante (200 euro). Comunque, sono disponibili cinque pacchetti di accessori (hanno il nome di gusti del gelato come Cocoa o Chocolate) che permettono di arrivare a risparmiare il 37% rispetto all’acquisto “pezzo per pezzo”.
La JCW è anche l’unica ad avere di serie il Dynamic Traction Control (DTC) con differenziale autobloccante elettronico (ECDL): in pratica, premendo un pulsante davanti alla leva del cambio, l’Esp allenta le briglie e, quando si esagera col gas in curva, i freni rallentano la ruota anteriore interna che pattina, per trasmettere la potenza dell’altra ruota sullo stesso asse (ma entra in funzione solo col DTC disattivato). Così, si può uscire dalle curve sfruttando tutta la generosa coppia (260 Nm disponibili fra 1850 e 5600 giri al minuto, che diventano 280 con la funzione overboost). Eppure, guidandola nel traffico, la JCW non dà l’impressione di essere una “bruciasemafori”: non è scorbutica, ha un pedale del gas ben modulabile e uno sterzo piuttosto leggero, che non affatica in manovra. Tuttavia, basta premere il tasto Sport (sempre davanti alla leva del cambio) e l’elettronica cambia il carattere dell’auto: la risposta dell’acceleratore si fa più “nervosa”, lo sterzo diventa molto più duro (quasi in maniera eccessiva) e il motore sfodera una grinta inaspettata, sottolineata dal rombo gutturale che esce dagli scarichi, condito da alcuni sordi scoppi quando si rilascia il gas.
A questo punto, arrivare a velocità “proibite” è un attimo, così come rischiare di “restare a bocca asciutta”: poco prima dei 6000 giri la spinta si esaurisce di colpo, e non perché interviene il limitatore (è proprio il motore turbo che non ha più energia). Il cambio è l’unica nota davvero stonata: la leva è un po’ in basso, la sua corsa è lunga e, benché abbia gli innesti precisi, appare un po’ gommosa nei movimenti. Senza contare che la retromarcia non ha un blocco e si può inavvertitamente inserirla al posto della prima quando si è fermi. Inoltre, chi ha scelto di spendere 180 euro per il bracciolo, probabilmente lo urterà con il gomito a ogni cambiata (anche quando è alzato). Ovviamente, guidando “allegramente” la Mini JCW i consumi salgono di pari passo con le prestazioni: nel nostro test, abbiamo letto sul cruscotto anche i 7 km/l di media (erano oltre 12 nei trasferimenti autostradali). Fortunatamente, i progettisti BMW (proprietaria del marchio inglese) hanno pensato anche a come farci rallentare, non solo a spingerci ad andare forte: e infatti, la John Cooper Works può contare su potenti freni a disco anteriori di 316 mm, e posteriori di 280 (la “normale” Cooper S li ha rispettivamente di 294 e 259 mm). Grazie a essi, la frenata è potente e piuttosto modulabile, con il pedale che non risulta mai spugnoso.
AlVolante.it
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